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la ciclicità dei mercati azionari

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Charles H. Dow, il fondatore del Wall Street Journal  e  grande osservatore  delle dinamiche dei mercati finanziari identificò  nei suoi studi  tre grandi  scale  temporali o tendenze cicliche  dei mercati azionari.  Le prime sono rappresentate dalle cosiddette  tendenze Primarie che costituiscono  ampi movimenti al rialzo o al ribasso che solitamente  hanno una durata compresa  tra  i  4 e i 6 anni. Fino a quando un determinato movimento  si spinge verso livelli di prezzo superiori a quelli della precedente fase di correzione , allora il mercato in questione ha una tendenza che viene definita  rialzista.

Viceversa, quando ogni movimento spinge  i  prezzi  a   livelli sempre più bassi , e ogni manifestazione al rialzo non riesce a superare quella precedente di ribasso , allora la tendenza principale di quel mercato viene definita ribassista.  Solitamente una tendenza   al ribasso produce un calo dei prezzi degli asset azionari  di almeno il 40%. Negli Stati Uniti nel secolo scorso ha evidenziato almeno due grandi mercati al ribasso. Il primo, quello che va dal 1929 al 1938  e il secondo che va dal 1969 al 1974. altresì lo stesso secolo ha visto tre fenomeni di panic selling ossia quelli del 1916, 1929, 1987.   Mentre le  tendenze  secondarie definite   “correzioni”  intervengono durante le fasi principali  dei  mercati toro oppure orso. Tali fasi  non vanno  ad incidere sulla tendenza principale in atto. Normalmente, questi ultimi movimenti hanno una durata  che varia  da poche settimane ad alcuni mesi.  Infine  i movimenti  minori sono le tendenze a breve termine in cui la loro manifestazione ha una durata di all’incirca di  una settimana.

Nel presente articolo prenderemo in considerazione non tanto i movimenti definiti da Charles H. Dow ma  quei trend che vengono chiamati secolari, ossia quei movimenti  che hanno una durata molto lunga tra i 6 e i 20 anni. L’importante comunque, quando si studiano dei fenomeni e bisogna in qualche modo catalogarli in qualche forma , è non rimanere intrappolati nella pura  semantica della loro definizione, come nel nostro caso di mercati primari, secondari o ciclici,   ma piuttosto bisogna cercare di  capire le ragioni  reali  della loro genesi e della   evoluzione nel tempo.
Nell’ultimo secolo sul mercato azionario americano si possono suddividere i cicli al rialzo con i cicli bull con i cicli bear in questo modo : 1921 -1929 mercato toro, 1929 al 1949 mercato orso, 1949 al 1966 mercato toro, 1966 al 1982 mercato orso, 1982 al 2000 mercato toro.

Come si può notare i trend secolari  durano in media  tra i 16 e i 20 anni :
mercato toro 1982 – 2000 durata 18 anni
mercato orso 1966 – 1982 durata  16 anni
mercato toro 1949 -1966 durata 16 anni
mercato orso 1929- 1949 durata 20 anni
mercato toro 1921 – 1929 durata 8 anni
mercato orso 1906 – 1921 durata 15 anni

 L’impatto dei due cicli   (BULL E BEAR) sui rendimenti di lungo termine di un investimento è molto grande, cioè fa  differenza, se si incomincia a  investire in un mercato bear oppure in quello toro. Per spiegare meglio quanto detto, farò un semplice  esempio : prendiamo   in considerazione due investitori, l’investitore  A e l’investitore  B. Mentre il primo  (A) investe solo  nei mercati bear, l’investitore  (B) investe durante le fasi  toro. Le operazioni di entrambi gli investitori vengono effettuate  nel mese di gennaio delle relative fasi di mercato, così l’investitore  A acquista l’indice dello S&P 500 nel gennaio 1802 e lo vende nel mese di gennaio 1815, cioè alla fine del bear market.  L’investitore  B acquista l’indice  nel mese di gennaio 1815 e lo  vende nel gennaio 1835. Queste operazioni di acquisto e di vendita continuano  fino ai nostri giorni. La tabella in basso fornisce le indicazioni dei rendimenti ottenuti dai due investitori nei vari momenti di mercati. Si può evidenziare che sebbene  l’investitore A nell’arco di un secolo (95 anni) sia  investito per lunghi periodi  (dagli 8 fino ai  20 anni), il  rendimento medio globale del suo investimento  è comunque   inferiore all’1% . mentre l’investitore B nell’arco dei 103 anni ottiene un rendimento medio globale pari al 13%

25/11/2008 | Categorie: Investimenti Firma: Redazione