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Imprese italiane, cala il carico fiscale, ma resta alto

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Secondo il rapporto ‘Paying Taxes 2018’ della Banca Mondiale e di PwC, il carico fiscale complessivo delle imprese scende al 48%, ma resta più alto della media mondiale (40,5%).

Cala, ma resta comunque alto e distante dal resto dell’Europa, il carico fiscale delle aziende italiane.  A metterlo in luce è il rapporto ‘Paying Taxes 2018’ della Banca Mondiale e di PwC, che ha evidenziato nel 2016 un  carico fiscale e contributivo in diminuzione per il terzo anno consecutivo. Dallo studio è emerso, infatti, un carico fiscale complessivo per le imprese, sintetizzato nell’indicatore “Total tax & contribution rate” (Ttcr),  pari al 48% dei profitti commerciali, in diminuzione (e quindi in miglioramento) di 14 punti percentuali rispetto al 2015, grazie principalmente agli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato.

“Il risultato allineato alle nostre attese. In un quadro che resta difficile, la strada intrapresa è quella giusta; si tratta di consolidarla, lavorando sui temi di policy fiscale con un’agenda chiara e tempi di esecuzione rapidi”, spiega Fabrizio Acerbis, partner di PwC TLS, studio che cura la sezione italiana del rapporto.

Con questi dati, l’Italia si trova al 112° posto, su 190 economie oggetto di analisi, in una posizione peggiore rispetto sia alla media mondiale (Ttcr al 40,5%), dove comunque il peso è in crescita dello 0,1%, sia a quella europea (39,6%).

Tuttavia, l’Italia si rivela un Paese competitivo rispetto ad economie avanzate comparabili (Germania, Svezia, Belgio, Francia) che hanno registrato un Ttcr superiore.

Tale posizionamento potrebbe migliorare ulteriormente. Negli anni precedenti, così come anche per il 2016, il trattamento di fine rapporto (Tfr) è incluso nel Ttcr. Tuttavia, sul punto, il report Paying taxes 2018 riporta testualmente: “La legislazione italiana prevede che i datori di lavoro accantonino un ammontare rapportato alla retribuzione mensile di ciascun lavoratore, che gli sarà complessivamente corrisposto al termine del rapporto di lavoro subordinato. Il lavoratore ha facoltà di destinare il proprio Tfra forme pensionistiche complementari o di mantenerlo presso il datore di lavoro, ovvero di riceverne parte sotto forma di anticipazione in busta paga soggetta a tassazione ordinaria. La classificazione del Tfr è attualmente oggetto di discussione tra l’Amministrazione finanziaria italiana e la Banca Mondiale. Ai fini del presente e dei precedenti reports, il Tfr è trattato quale contributo previdenziale obbligatorio ed è, pertanto, incluso nel calcolo del Ttcr. Nel 2016 il Tfr ha pesato per 8,6 punti percentuali sul Ttcr italiano, pari al 48%”.

Sul lato della compliance e post-compliance  (che riflette i tempi necessari per richiedere e ottenere un rimborso Iva, ovvero correggere un errore nella dichiarazione dei redditi), per l’Italia i parametri restano sostanzialmente invariati.

In Italia le imprese impiegano 42 ore per la richiesta di rimborso Iva, incluso il tempo speso per rispondere alle richieste ricevute nel corso delle verifiche fiscali dell’Amministrazione finanziaria (18,4 ore la media mondiale; 7,1 ore la media a livello europeo). Il tempo di attesa del rimborso è di 62,6 settimane e copre un periodo di sei mesi (26 settimane) che intercorre tra l’acquisto del bene e la presentazione della dichiarazione Iva annuale (nel caso di studio condotto dal rapporto l’impresa non può richiedere il rimborso dell’imposta su base trimestrale).

A livello globale il tempo stimato è di 27,8 settimane, mentre a livello europeo si scende a 16,4 settimane.

22/11/2017 | Categorie: Economia e Dintorni , Imprese e Pir Firma: Redazione