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Il welfare aziendale: vantaggi per lavoratori
e azienda

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Welfare aziendale: tra premi di produttività, benefit ed evoluzione. Strumenti a disposizione dell’impresa per incentivare l’efficienza e la produttività.

Il termine welfare (letteralmente significa “benessere”, “star bene”) nasce in Gran Bretagna dopo la prima Guerra mondiale, per descrivere il tipo di stato “ricostruito” dal governo laburista che si impegnò ad aiutare le fasce di popolazione più in difficoltà. E’ possibile distinguere tre tipologie di welfare: state welfare; welfare delle famiglie; welfare aziendale.

Negli ultimi anni stiamo assistendo alla rinascita soprattutto del welfare aziendale con iniziative a supporto del benessere dei lavoratori, sostenendone il reddito e migliorandone la vita privata e lavorativa.

L’universalizzazione del welfare pubblico ha seguito le seguenti tappe:

  • Fino agli anni 70
    • Crescita demografica
    • Crescita economica
    • Logica di redistribuzione del reddito
    • Sanità, pensioni, lavoro, scuola, etc.
  • Fino agli anni 90
    • Inversione demografica
    • Integrazione del pubblico: prima quello pensionistico, poi gli altri
    • Categorizzazione per organizzazioni del lavoro: dipendenti pubblici, dipendenti privati, autonomi e professionisti
  • Ultimo decennio
    • Difficoltà di bilancio delle istituzioni pubbliche
    • Precariato lavorativo e postposizione dell’ingresso nel mondo del lavoro
    • Crisi di identità delle forme di solidarietà sociale
    • Nuclei monofamiliari: single, anziani soli
    • Incapacità della famiglia di garantire il sostegno intergenerazionale

L’Italia è tra i Paesi più pessimisti nei confronti di interventi a sostegno delle famiglie da parte dello stato, mentre si registra un ampio consenso verso misure di welfare aziendale.  

Dalla crisi del welfare state al welfare aziendale

L’impegno finanziario per sostenere il welfare state è entrato progressivamente in crisi dagli anni ottanta, mentre la crisi finanziaria esplosa nel 2008 ha acutizzato le difficoltà a mantenere le politiche di sostegno rendendo imminente il collasso dello stato sociale, con gli ingenti tagli di spesa che stanno incidendo proprio sui settori che tradizionalmente costituiscono il cuore del welfare: previdenza, assistenza, istruzione e sanità.

In tale difficile contesto si assiste, in alcune realtà imprenditoriali, alla rinascita del cd. welfare aziendale, che si concretizza nella messa a disposizione o nell’offerta ai dipendenti di benefici di vario genere e che ricomprende iniziative che si riferiscono alle tradizionali aree del welfare statale.

Sinergia fra primo e secondo welfare

Ad oggi, in Italia l’accesso a molte prestazioni, da quelle sanitarie a quelle socio-assistenziali, dall’istruzione alla formazione e ai servizi per l’impiego, risulta spesso molto difficile per via di un’offerta troppo frammentata.

Per questa ragione appare necessario realizzare una serie di riforme che, da un lato, aprano spazi e incentivino le partnership fra pubblico, privato e terzo settore e, dall’altro, facilitino lo sviluppo del welfare integrativo e assicurativo.

L’esigenza di un welfare

La mancanza di una risposta adeguata ai nuovi bisogni di protezione sociale della popolazione non è un problema che riguarda solo i cittadini e lo stato, ma tocca anche le imprese.

Negli ultimi anni, infatti, il welfare è tornato a essere un tema di attualità anche per le aziende.

Ciò che cambia rispetto al passato è l’approccio, non più legato a schemi di paternalismo e filantropia ma soprattutto di efficienza e qualità produttiva.

«Con l’espressione“welfare aziendale”si identificano somme, beni, prestazioni, opere, servizi corrisposti al dipendente in natura o sotto forma di rimborso spese aventi finalità di rilevanza sociale ed esclusi, in tutto o in parte, dal reddito di lavoro dipendente». (Elaborazione della Circolare 28/E del 15 giugno 2016 dell’Agenzia delle Entrate da parte dello Statuto di AIWA,Associazione Italiana Welfare Azienda).

Il welfare aziendale costituisce un insieme di benefit e prestazioni, diffuso soprattutto nelle multinazionali, finalizzato a superare la componente meramente monetaria della retribuzione al fine di sostenere il reddito dei dipendenti e migliorarne la vita privata e lavorativa.

L’idea di welfare aziendale si basa sul presupposto implicito che la relazione di lavoro debba includere anche il soddisfacimento di esigenze oltre il compenso monetario. (c.d. beni relazionali).

Impatti del welfare

I vantaggi:

  • consente un risparmio fiscale
  • riduce il turnover
  • migliora le performance aziendali
  • ottimizza il costo del lavoro

Negli ultimi 40 anni il bisogno di welfare in Italia è cambiato in maniera radicale, a seguito di tendenze irreversibili:

  • l’aumento della vita media e il progressivo invecchiamento della popolazione
  • la riduzione della dimensione del nucleo familiare
  • il crescente numero di donne al lavoro,
  • nonni al lavoro, visto l’innalzamento dell’età pensionabile.

Sono tendenze che hanno decretato la scomparsa del modello di famiglia ampia e allargata, che funge da sostegno naturale per discendenti e ascendenti.

Un’azienda interessata a erogare ai propri dipendenti un pacchetto di beni e servizi diversi dalla tradizionale remunerazione in denaro, dispone di molte opzioni per attivare un piano di welfare aziendale e alcune sono rimesse interamente alla sua volontà.

La strada più semplice, dal punto di vista procedurale, è quella di attuare unilateralmente il piano di welfare aziendale.

Il piano unilaterale

Senza particolari formalità, l’azienda può individuare un pacchetto di beni e servizi destinati ai dipendenti.                                                                   

Una volta verificata la coerenza e convenienza fiscale della scelta, la società definisce le regole di erogazione del pacchetto e comunica ai dipendenti l’avvio del piano, con le modalità che ritiene più opportune.

Un percorso bottom up per costruire un sistema di benefit flessibili

Analizzando le dinamiche delle imprese che hanno avviato da più tempo un pacchetto di welfare, da una ricerca emerge che le società che hanno fondato il pacchetto di welfare su un sistema di ascolto e interazione diretta con i dipendenti stanno ottenendo performance migliori (il 44%), mentre quelle che hanno scelto la strada di sviluppare il sistema esclusivamente attraverso la negoziazione contrattuale appaiono più in difficoltà (il 37%).    

Il sistema di welfare aziendale non può essere, per definizione, di tipo top down, ma deve necessariamente compenetrare un percorso bottom up, con un’attenta strategia di comunicazione e con l’intenzionalità di sviluppare un sistema on demand, mirato a rispondere nel modo più personalizzato possibile alle esigenze delle persone e delle loro famiglie.

Questo percorso non è tuttavia facile da seguire presso aziende dove esiste un sistema strutturato di relazioni sindacali; in questi contesti, è probabile che sia opportuno avviare il piano di welfare sulla base di un accordo con le rappresentanze sindacali.

L’accordo sindacale

L’accordo potrebbe avere due contenuti differenti.

Si potrebbe occupare solo di welfare aziendale; oppure potrebbe riconoscere ai dipendenti la facoltà di scegliere se ricevere beni e servizi al posto dei premi economici per gli incrementi di produttività.

  • Se l’accordo sindacale disciplina solo il piano di welfare aziendale, senza prevedere alcuna possibilità di scambio con i premi produttività, non sono necessarie formalità particolari.

Le parti devono definire le caratteristiche dei beni e i servizi riconosciuti ai lavoratori, le modalità di erogazione e le altre regole di funzionamento del piano; una volta firmato l’accordo, l’azienda può applicarlo senza ulteriori passaggi procedurali.

  • Se invece il welfare aziendale fa parte di un accordo più ampio e viene riconosciuto come trattamento alternativo al premio di produttività, i contenuti dell’intesa non sono rimessi alla discrezionalità delle parti, ma devono essere coerenti con le regole dettate dalle leggi di Stabilità per l’applicazione del regime fiscale agevolato.

Il welfare di produttività

Cosa sono i premi di produttività?

I premi di produttività, sono delle integrazioni alla normale retribuzione previste dal Ccnl.  

DEFINIZIONI:

  • Premio di risultato: somme di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con il decreto interministeriale di marzo 2016.
  • Produttività rapporto fra la quantità prodotta in una data unità di tempo e i mezzi/costi impiegati per produrla (costo del lavoro…)
  • Redditività attitudine di un’attività a produrre reddito. È misurata attraverso indicatori che registrano la capacità di un’impresa di produrre reddito e generare risorse attraverso la gestione operativa con esclusione di quella finanziaria (Mol/Ebitda – Utile operativo/Ebit) (vedi al termine dell’articolo)       
  • Qualità misura delle caratteristiche o delle proprietà di un prodotto, di un processo, di un progetto in confronto a quanto ci si attende (acquisizione dei desideri di un cliente, traduzione di tali desideri in caratteristiche tecnico-operative, processo produttivo e di assistenza/post-assistenza)       
  • Efficienza capacità di azione o di produzione con il minimo di scarto, di spesa, di risorse e di tempo impiegati. Efficienza tecnico-operativa
  • Innovazione introduzione di sistemi e criteri nuovi, implementazione di un nuovo prodotto, processo, sistema aziendale (un nuovo metodo di marketing, di relazioni esterne)

           

Il bonus produttività, è quindi un’agevolazione che prevede una detassazione del salario collegato alla produttività.

Tali integrazioni, sono chiamate appunto premi di produttività, premi di partecipazione agli utili aziendali o premi di risultato, e sono decisi a livello aziendale a seconda dei risultati conseguiti nella realizzazione di programmi concordati tra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività. 

In altre parole, il bonus produttività prevede una tassazione agevolata dei premi produzione al 10% dei cd. premi di risultato concessi dall’azienda ai suoi dipendenti, quindi la tassazione non segue il tradizionale meccanismo degli scaglioni Irpef.

Tali premi, sulla base del decreto, sono invece totalmente esenti dalla tassazione qualora il dipendente beneficiario, scelga di utilizzare il valore del bonus produttività che gli spetta, in voucher per i servizi di welfare, ossia, per pagare la retta dell’asilo, la baby sitter, la badante, oppure, per la pensione integrativa o per la sanità complementare.

21/07/2020 | Categorie: Comunicazione e Relazione Firma: Gianfranco Franzosini