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I BRIC irrompono sulla scena mondiale. Ma anche l’Africa non scherza!

Quella che all’epoca era sembrata a molti una boutade, in breve tempo si è rivelata una profezia. Tanto che quest’anno il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha incluso i Bric tra i dieci Paesi con il diritto di voto più elevato.
BRIC: E l’anno scorso si è tenuta a Ekaterinburg, in Russia, la prima riunione dei Bric, che hanno fatto proprio l’acronimo di Goldman Sachs. «Quando l’ho inventato», ha dichiarato O’Neill, attuale presidente di Goldman Sachs asset management, «non mi aspettavo affatto che sarebbe nato un club politico con lo stesso nome».
ALTRI PAESI EMERGENTI: Da tempo il Sudafrica guidato da Jacob Zuma chiede di entrare nei Bric, che potrebbero diventare così Bricsa. Ma O’Neill è scettico sulle sue sorti e soprattutto non capisce il senso di aggregarlo ai Bric (ma guardando solo alla politica il discorso cambia). «Ci sono altri cosiddetti Paesi emergenti con economie molto più grandi del Sudafrica», ha sottolineato O’Neill, «come l’Indonesia, il Messico, la Turchia e la Corea del Sud. È difficile vedere come il Sudafrica possa essere all’altezza di questi Paesi, figuriamoci dei Bric». Secondo le stime del Fmi, quest’anno il pil del Sudafrica è cresciuto del 3%, contro il 4% della Russia, il 7,5% del Brasile, il 9,7% dell’India e il 10,5% della Cina. Il mese scorso la Banca centrale sudafricana ha tagliato i tassi di 50 punti base al 5,50% proprio per stimolare la crescita. «La ripresa resta fragile», aveva dichiarato il governatore Gill Marcus, «e gli avversi sviluppi globali rendono più incerte le prospettive di crescita». Se il Sudafrica entrasse in pianta stabile nei Bric, altri Paesi potrebbero chiedere di entrare nel club e con carte decisamente più valide. Secondo O’Neill, l’ingresso di Pretoria «potrebbe essere giustificato in quanto rappresentante dell’intero continente africano, che nel suo complesso ha un potenziale paragonabile a quello del Brasile o della Russia».
SUDAFRICA E NIGERIA: Ma non è detto che gli altri Paesi africani vogliano essere rappresentati proprio da Pretoria, tenendo conto che ci sono Stati popolosi e ricchi di materie prime, come la Nigeria (e il Congo in prospettiva non scherza). Dal punto di vista strettamente economico, dunque, il Sudafrica può vantare gli storici rapporti commerciali con India e Brasile e quelli in rapida crescita con la Cina. Ma in realtà ciò che lo accomuna ai Bric è una sorta di sentire ideologico, ovvero il desiderio di creare un contrappeso al potere degli Stati Uniti. Anche in Africa.
L’ANTI DOLLARO: Non a caso, dalla prima riunione del club tenutasi l’anno scorso in Russia, è emersa la volontà di trovare una nuova moneta di riserva capace di sostituire il dollaro, tesi che difficilmente potrebbe essere appoggiata dalla Corea del Sud, dal Messico o dall’Indonesia, Paese quest’ultimo sul quale gli Usa ripongono grandi speranze come futuro colosso economico e modello di islam moderato. Resta il paradosso di un acronimo creato da una banca americana per mettere insieme Stati molto diversi fra loro, poi adottato da questi stessi Paesi per dare vita a un club che vuole contrastare l’egemonia Usa.

02/01/2011 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Denise Tagnin