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Giappone. Taglio rating del debito pubblico

La scure di Standard&Poor’s colpisce il Giappone nel fianco piu’ esposto, quello del debito pubblico. Il suo valore sara’ infatti nel 2011 piu’ di due volte quello del Pil.


GIAPPONE E RATING.
L’agenzia di rating, inoltre, rileva nel Giappone "una mancanza di una strategia coerente" per arginare la marea di debito che non e’ previsto rallenti fino al 2020. Pur nel valore astronomico dei conti in rosso, la situazione non e’ nuova e forse non piu’ preoccupante rispetto agli anni precedenti. Il debito e’ infatti praticamente tutto interno. Oltre alla rilevante quota del risparmio sul Pil (23%), Tokyo puo’ contare sul finanziamento delle aziende e delle banche. Il paese e’ creditore e debitore di se stesso.

Da molti anni l’economia galleggia su una (de)crescita intorno allo zero. La spesa pubblica mantiene in vita un’economia asfittica, espressione di un paese che ha gia’ raggiunto l’eccellenza. La popolazione invecchia, calano le natalita’ ed anche i prezzi. La deflazione non incoraggia investimenti e consumi, perche’ lascia presagire ulteriori abbassamenti.

L’INTERVENTO. Il Governo si sostituisce alla societa’, emettendo titoli che vengono acquistati anche se con un interesse basso. Sembra un gioco all’infinito, rispetto al quale il colpo di S&P appare un flebile campanello d’allarme. In parole povere, l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha tagliato il suo giudizio sul debito a lungo termine del Giappone portandolo da «AA» ad «AA-», tre livelli sotto il giudizio di massima stabilità: la cosiddetta tripla A. «Il tasso di indebitamento del governo – ha avvertito S&P – continuerà a salire più del previsto e il deficit di bilancio resterà alto nei prossimi anni, riducendo la flessiblità di manovra del governo».

LE RIPERCUSSIONI. La notizia si è fatta sentire sul mercato dei titoli di stato dell’Eurozona, reduce da una settimana di relativa stabilità dopo il successo dell’asta bond del fondo salva stati. Sono stati soprattutto dei credit default swap (i derivati che assicurano sul rischio fallimento di uno stato) a registrare i movimenti maggiori. È salito di 5 punti base il cds sulla Spagna a quota 276, di 8 punti quello sul Portogallo (458), di 12 quello sulla Grecia (875) e di 8 punti quello dell’Irlanda (630 punti base). Ma quanto pesa il debito pubblico giapponese? La recessione dei primi anni ’90 è la principale ragione dell’enorme debito pubblico del paese.

Per rilanciare un’economia colpita dallo scoppio della bolla immobiliare il governo ha messo in campo corposi piani di stimolo all’economia. A questo deve aggiungersi una spesa pensionistica lievitata per effetto dell’invecchiamento della popolazione (circostanza comune a tutti i grandi paesi industrializzati). 

 Dal 1990 entrate fiscali e spesa pubblica prendono strade opposte A differenza dell’Italia dove, a fronte di un debito pubblico consistente, il deficit si mantiene fuori dai livelli di guardia, la situazione dei conti pubblici del Giappone, «è estremamente inquietante». E questo perché dal 1990, entrate fiscali e spesa corrente hanno preso due strade opposte. In calo le prime in aumento le seconde.

Il risultato, come emerge dai documenti del ministero delle finanze, è che il bond dependency ratio (la percentuale delle entrate coperta da emissioni obbligazionarie) è arrivata quest’anno a quota 48% (nel 2009 era al 37,6%). Questo significa che metà della spesa corrente dipende dai titoli di stato. Per invertire la rotta, il Fondo Monetario internazionale ha auspicato una correzione draconiana (12%) del deficit (che nel 2010 ha toccato il 9,4% secondo le ultime stime dello stesso Fmi) per stabilizzare il debito giapponese. «Su questo fronte il paese ha un ampio margine di manovra avendo una pressione fiscale molto bassa».

TASSA SUI CONSUMI. Non a caso in queste settimane di parla di un aumento della tassa sui consumi. Si è calcolato che un aumento di un punto percentuale della pressione fiscale potrebbe fare entrare nelle casse statali circa 2500 miliardi di yen. Sembra, a dirla alla napoletana….il gioco delle tre carte che schiaccia i tassi.

La cosa che differenzia il Giappone da altri stati dall’alto debito pubblico è il livello moderato dei tassi di interesse. Il decennale ha un rendimento dell’1,25%, decisamente inferiore al 3,42% dell’analogo T bond americano, per non parlare dell’astronomico 11,52% del titolo greco. «La ragione di tutto ciò – spiega Luca Mezzomo – sta in una sorta di gioco delle tre carte tra Tesoro e istituti di credito e banca centrale.

Quest’ultima tiene basso il costo del denaro e in cambio le banche acquistano i titoli di stato contribuendo a tenere bassi tassi di interesse. Questo spiega perché il 95% del debito sia in mano a investitori giapponesi. È un meccanismo alla lunga insostenibile». Questo spiega il taglio del rating.

28/01/2011 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Vincenzo Polimeno