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Finanza comportamentale, Thaler vince il Nobel per l’Economia

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Il premio Nobel 2017 per l’Economia è andato a Richard H. Thaler. Un riconoscimento che segna il rilancio della finanza comportamentale

Il premio Nobel 2017 per l’Economia è andato a Richard H. Thaler, 72 anni, statunitense e docente all’Università di Chicago. E con lui vince la finanza comportamentale. Il premio – spiega, infatti la Royal Swedish Academy of Sciences – è stato attribuito per i suoi studi in economia comportamentale.

Per l’occasione, MyAdvice-ProfessioneFinanza ha intervistato Patty Chada, esperta in psicologia economica e socio amministratore della Prosp&thics Counselling, che lo conosce personalmente.

 

Richard Thaler ha appena vinto il Premio Nobel 2017 per l’Economia. Cosa rappresenta questo riconoscimento per la finanza comportamentale e per il futuro di questa disciplina?

Dopo il riconoscimento del Nobel per l’economia nel 2002 a Daniel Kahneman (ed Amos Tversky) ed ora a Richard Thaler, direi che il lungo percorso di dimostrazioni scientifiche sulla natura delle decisioni economiche ha dato i suoi frutti. La psicologia ha ancora molto da offrire al mondo economico e questo non può che incoraggiare scienziati e sopratutto practitioners e, mi auguro anche le Istituzioni, ad implementare nella pratica ciò che la finanza comportamentale ci sta insegnando.

 

Lei lo conosce personalmente, cosa può raccontarci di lui e del suo percorso professionale?

La mia conoscenza “personale” di Richard Thaler così come di Daniel Kahneman ed Amos Tversky, si collega al mio passato accademico in Olanda; quando come psicologi che ci occupavamo di studiare ed spiegare i comportamenti economici partendo da teorie e metodi della psicologia, eravamo considerati soprattutto dagli economisti “tradizionalisti”, figli di un Dio minore. Richard Thaler frequentava anche i Congressi organizzati fra altri, da IAREP (International Association Research in Economic Psychology), allora parlo dei fine anni 80 primi 90, eravamo in pochi gli psicologi che si occupavano di studiare i comportamenti economici ed ancora in meno gli economisti esperimentali che non trovando risposta nel loro mondo, si avvicinavano alla psicologia. Il mio ricordo di Professor Thaler da lui pronunciato foneticamente teilor, è di una persona disponibile ed ironica con una mente brillante.

Per quanto riguarda il mio percorso professionale posso definirlo“fortunato”. Ho ottenuto la mia laurea in Psicologia Economica in Olanda, che come tale non esiste ancora in Italia, guidata dai fondatori di questa disciplina a livello europeo. L’impostazione ed rigore accademico hanno agevolato il modo di vedere ed analizzare i comportamenti dei reali decisori, che trovavo sul campo, svolgendo in Italia, a metà degli anni 90, il ruolo di promotore finanziario. Davanti alle perplessità e difficoltà nelle gestione del cliente mi sono domandata se tutte le teorie e i metodi che avevo studiato ed insegnato all’università non potevano essere implementati. Sono diventata per primo osservatrice, verificando sul campo in modo esperimentale ed esperienziale i bias che condizionano le nostre (non) scelte. Mi sono particolarmente focalizzata sulla Psicologia del Rischio, scoprendo che speso gli strumenti di misurazione del rischio falliscono nel loro intento perché influenzati da modelli prettamente “economici”. Finalmente ho trovato nell’ambito della formazione e della consulenza la sintesi di questo percorso di vita e quindi la possibilità di condividere le mie conoscenze ed esperienze in particolare con i professionisti dei risparmi/investimenti.

Insomma sono riuscita a realizzare il sogno che avevo già ai miei tempi universitari: creare un ponte fra teoria e pratica, considerando che la teoria non è altro che la “sintesi” di ciò che riscontriamo, nel mio caso, nei comportamenti dei decisori economici e finanziari.

In passato, ha avuto la fortuna di lavorare anche con Daniel Kahneman, a sua volta vincitore del Premio Nobel per l’Economia nel 2002 «per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza”. Ci sono state delle evoluzioni nella disciplina da Kahneman a Thaler?

Per rispondere alla sua domanda sull’evoluzione nella disciplina è doveroso fare un piccolo “riassunto storico”.
Daniel Kahneman si può definire, insieme con Amos Tversky e Vernon Smith il co-fondatore dell’economia sperimentale (senza dimenticare Jack Knetch), tramite la quale si dimostra la non corrispondenza tra i comportamenti reali degli individui e quelli invece previsti dalla teoria ortodossa della perfetta razionalità. Analizzando i risultati degli esperimenti e le deviazioni rilevate rispetto ai comportamenti “ortodossi” Kahnenan (con Knetch e Thaler) suggerisce che le valutazioni che determinano tali comportamenti siano dovute principalmente a tre fattori psicologici, pubblicando il notissimo paper “Anomalies: The Endowment Effect, Loss Aversion, and Status Quo Bias” dove mettono un punto fermo sui molti risultati fino ad allora ottenuti.

I fondatori della psicologia economica sono stati, negli anni ’50, il sociologo Herbert Simon (anche lui Premio Nobel per l’Economia nel 1978), lo psicologo George Katona e l’economista James Duesenberry, ma Kahneman e gli altri sopra citati hanno rilanciato questo campo scientifico, che era stato quasi totalmente emarginato con l’affermarsi della teoria neoliberista che si basa sui postulati della teoria ortodossa. Dagli anni ’80 molta strada è stata fatta da ricercatori, anche con specializzazioni diverse – dall’economia sperimentale alla behavioral economics, dalla neuro-economics all’economia evoluzionistica – indagando sulla psicologia del dono, dei comportamenti etici (con conseguenti premi e punizioni come nell’ultimaum game), e sulla happiness economics (e anche in quest’ultimo campo Kahneman ha recentemente dato un contributo importantissimo nell’analisi del pensiero “veloce e lento” e dei ricordi “a lungo e a breve”, mentre Richard Layard ha allargato il campo alle politiche pubbliche che possano far aumentare la “felicità globale”, dunque una prima estensione della psicologia economica alla macroeconomia.

Richard Thaler è il più outstanding tra coloro che hanno esteso i campi di indagine della psicologia economica ai comportamenti finanziari degli individui, dimostrando come questi il più delle volte siano lontani dai modelli della perfetta razionalità. Thaler suggerisce possibili comportamenti di organizzazioni pubbliche e private che “gentilmente” (nudge, colpetto di gomito) suggeriscano agli individui la via per migliorare le loro scelte su come impiegare i propri risparmi, sull’accollarsi mutui, sull’occuparsi della propria salute presente e futura, etc.

Thaler “ha inserito ipotesi psicologicamente realistiche nelle analisi del processo decisionale economico” si legge nelle motivazioni dell’Accademia Reale Svedese delle Scienze, che sottolineano come “esplorando le conseguenze di una razionalità limitata, di preferenze sociali e di mancanza di autocontrollo” lo scienziato abbia dimostrato “come questi tratti umani influenzino sistematicamente le decisioni individuali e di mercato”. L’essere umano é sostanzialmente pigro e tende a rinviare le decisioni importanti. Aggiungerei, che l’essere umano dotato di “limitate risorse energetiche” ed essendo fondamentalmente loss averse (avverso alla perdita), tende a preservare il suo status quo e quindi a minimizzare la sofferenza che gli provocano le perdite o l’idea di esse. Scegliere o decidere nel campo economico e in particolare finanziario, spesso con outcomes decisamenti incerti, non è piacevole! Addirittura si possono creare situazioni altamente “ansiogene”, che naturalmente vogliono essere evitate; rimandando le decisioni al futuro oppure eludendosi del fatto che “non scegliere è scegliere”.

 

Negli ultimi anni, si sente sempre più spesso parlare di finanza comportamentale. Non ritiene che sia un po’ riduttivo, mentre sarebbe meglio parlare di psicologia economica?

Credo che le ultime parole alla risposta precedente confermino quanto lei mi chiede. Di fatto la finanza comportamentale è un’area di studio della psicologia economica. Il decisore “economico” non fa soltanto scelte di natura “finanziaria”, é per esempio anche un consumatore e questo a livello micro-economico. Poi la Psicologia Economica studia il comportamento economico aggregato; de herder’s behaviour o comportamento del gregge é un esempio molto conosciuto nel mondo finanziario. Ma pensi anche come le aspettative future sull’economia possono influenzare/creare situazioni inflazionistiche o di deflazione o a tematiche come il wellbeing o la povertà.

E’ sicuramente rilevante nel campo dell’educazione finanziaria non scordare questa “prospettiva” più ampia, di inserire ed insegnare ai nostri risparmiatori a riconoscere le proprie trappole mentali ed emotive. Pensiamo come la contabilità mentale può influenzare le nostre scelte d’investimento o gli effetti spesso deleteri dell’illusione dei costi sommersi, quest’ultimo dallo stesso Thaler studiato. Conoscere i principi della finanza e degli strumenti di investimento sono a mio avviso condizione necessaria, ma non sufficiente, per fare una scelta consapevole e responsabile.

In un confronto con l’esperienza degli altri Paesi, l’Italia è ancora molto indietro nella finanza comportamentale. Qual è la situazione attuale e cosa dovrebbero fare le istituzioni per colmare questo gap?

Oramai in Italia si sta lavorando molto e bene su questo campo. Sono le Istituzioni che dovrebbero aggiornarsi. Pensi soltanto alla quantità di informazioni inerenti gli strumenti di investimento e alle limitate capacità, non intendo intellettive, ma mnemoniche dell’essere umano per elaborarle e quindi capirle. Questo impatta fortemente sulla trasparenza. Anche su questo tema avrei tanto da dire. Comunque ora ci troviamo davanti alla sfida della MIFID II e temo che le cose non cambieranno prima della sua implementazione. Non è un “problema” quindi delle Istituzioni italiane, ma europee. L’intenzione di tutela può di fatto venire meno per una visione miope o incompleta del decisore economico ma anche dell’intermediario, umano quanto il suo cliente.

11/10/2017 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Stefania Pescarmona