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EUROPA, una unione dal valore inestimabile

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Il 2017 appare simbolicamente e nei fatti un anno di svolta e di bilanci. Sono passati sessant’anni dai trattati di Roma e venticinque da quelli di Maastricht: i primi hanno dato alla luce il concetto di “comunità”, mentre i secondi hanno definito l’insieme di regole (i “covenant” usando provocatoriamente un linguaggio aziendale) che hanno tracciato quel percorso di convergenza verso la moneta comune.

 

È quindi giunto il tempo di porre alcuni interrogativi importanti, la cui risposta deve essere sempre rapportata a un unico metro di giudizio: cosa possa contribuire o meno a proteggere e ad accrescere il bene comune europeo, ossia “l’avviamento” creato nel corso del tempo, che rappresenta il patrimonio di pace, equilibrio, saggezza e cultura che rendono l’Europa una piattaforma non solo capace di competere con gli altri sistemi Paese di analoghe dimensioni – gli Usa, la Cina, la Russia, l’India – ma di avere un ruolo di riferimento non solo economico.

Il momento celebrativo del 2017 deve far riflettere su questo punto.

Oggi l’Europa ha percorso un lungo e incredibile cammino, ma ha bisogno di un nuovo momento creativo come avvenuto in fase di fondazione. Detto in altri termini, la politica monetaria deve passare il proprio testimone a quella fiscale e alla politica nel senso più alto del termine. I sessant’anni di percorso hanno portato al disegno di un’Europa intesa come piattaforma comune, aperta, con regole in larga parte condivise e con un’infrastruttura chiave – la moneta e la vigilanza sulle banche – non più di proprietà dei singoli Paesi. Questa infrastruttura ha contribuito in maniera determinante al finanziamento dell’economia reale negli ultimi anni. La scelta di una politica monetaria duratura e aggressiva di Quantitative easing operata dalla Bce mantiene i tassi prossimi allo zero proprio a ribadire il ruolo chiave di questa infrastruttura e per proteggere più in generale l’integrità della piattaforma europea, permettendo nei fatti ai Paesi più indebitati di non essere messi sotto la pressione dei mercati.

Tuttavia, oltre un certo limite, e come ribadito più volte da Mario Draghi, la politica monetaria non può superare i suoi stessi limiti. Occorre che altre politiche intervengano per assicurare la crescita economica e per rafforzare il funzionamento dell’Europa. La politica fiscale è il prossimo passaggio inevitabile, ben più complesso rispetto ai precedenti in quanto comporta una rinuncia alla sovranità nazionale ben più incisiva rispetto alle scelte di Maastricht e all’introduzione dell’euro. Per fare questo occorre tuttavia ripensare alla governance europea nel suo complesso. Il tema del voto egualitario appare oggi anacronistico e non efficace. Occorre pensare non tanto a un’Europa a cerchi concentrici, ma un sistema decisionale coerente con la difesa e la crescita del bene comune. La rilevanza dei Paesi fondatori anche in termini di voto, la sospensione (o la riduzione) temporanea del voto come forma di sanzione e la definizione di quorum decisionali non all’unanimità sono alcuni dei punti essenziali per tracciare una nuova governance europea. Come accade nel caso delle aziende che hanno in molti Paesi meccanismi di governance nuovi, anche l’Europa deve avere il coraggio di ripensare se stessa e trovare una nuova capacità di azione, partendo proprio dai suoi processi decisionali.
A cura di Stefano Caselli, prorettore agli affari internazionali dell’Università Bocconi

 

04/04/2017 | Categorie: Economia e Dintorni , EconoPolitik Firma: Redazione