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E I BOND CREDONO ANCORA NEI RATING.

Affidabili o meno, il mercato del debito crede ancora ai giudizi delle agenzie di rating. Secondo una analisi diffusa nei giorni scorsi da Standard and Poor’s, infatti, continua a emergere una chiara correlazione negativa tra il costo del debito e le valutazioni sul merito di credito di una società emittente. Sembra scontato, eppure dopo le polemiche degli ultimi anni sull’affidabilità delle agenzie, è interessante verificare come rating, outlook e credit watch (ossia la messa sotto osservazione della società) continuino a «costituire un utile benchmark per il costo dell’indebitamento». È chiaro che S&P è parte in causa, e ha tutto l’interesse a dimostrare il mantenersi di una relazione tra i propri giudizi e le reazioni del mercato.

In ogni caso, dallo studio si traggono alcune indicazioni utili sul funzionamento del meccanismo rating-bond. Innanzi tutto, la correlazione negativa non si limita a emergere dal confronto tra prodotti similari di emittenti in diverse situazioni di criticità. Ma vale sull’intera curva dei rendimenti: dunque, anche lungo l’intero spettro delle scadenze si mantiene uno spread sui tassi legato al differente livello di rating. Inoltre, la variazione del differenziale di costo non è uniforme, nel senso che «l’incremento di spread, sia in termini di basis point sia in percentuale, è superiore quando si passa il gradino tra un rating BB+ (il primo speculative grade) e un rating BBB- (l’ultimo investment grade) ».
In altre parole, il mercato continua a rimanere assai sensibile allo scalino del junk bond. Un ultimo punto da evidenziare è l’elasticità non solo ai rating, bensì anche a quella sorta di giudizi in sospeso che sono i credit watch negativi, oppure a quella espressione di timore che sono gli outlook negativi. In entrambi i casi, il mercato già sconta il giudizio vero, e alza i costi dell’indebitamento.
 

16/10/2009 | Categorie: Il caso della settimana Firma: Vincenzo Polimeno