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Dossier Mini-bond: definizioni e contesto

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L’industria dei mini-bond (ovvero titoli obbligazionari e cambiali finanziarie emessi da piccole e medie imprese) è nata in Italia grazie ad una serie di innovazioni normative che fra il 2012 e il 2013 hanno ‘liberalizzato’ la possibilità di raccogliere capitale sul mercato attraverso questi strumenti, finora nella pratica riservata solo alle imprese quotate. L’intento è evidente: si tratta di fornire alle PMI un canale addizionale di finanziamento per la crescita, vista la minore disponibilità di credito bancario. L’Osservatorio sui Mini-Bond è stato costituito nel 2014 presso la School of Management del Politecnico di Milano, attraverso il supporto di partner privati e istituzionali, con l’obiettivo di analizzare e interpretare in modo esaustivo le dinamiche competitive della filiera dei mini-bond in Italia e in particolare: 
• le caratteristiche delle emissioni fatte sul mercato; 
• le potenzialità del mercato e gli attori di riferimento (imprese, intermediari finanziari, fondi di investimento); 
• il quadro istituzionale e normativo di riferimento ed il suo impatto sulla competitività del sistema delle PMI italiane; 
• le scelte di investimento e di finanziamento delle imprese emittenti. 
 
Come scuola politecnica siamo molto attenti al tema dell’innovazione, della crescita e dell’imprenditorialità. Vi è piena consapevolezza sul fatto che l’accesso al capitale sia un vincolo strategico per chi oggi intende investire; la ricerca accademica non ignora questa evidenza e si pone l’obiettivo di capire meglio il legame fra finanza e sviluppo. Questo Report è il frutto dei primi mesi di lavoro dell’Osservatorio, durante i quali ci si è concentrati sull’analisi delle emissioni e delle società emittenti, degli attori presenti nella filiera, e dei fondi di private debt. Allo stesso tempo rappresenta una ‘mappa’ inedita ed esaustiva per chi intende conoscere meglio questo mondo. Esso è un punto di partenza, non certo un punto d’arrivo. Ci auguriamo che le informazioni e gli spunti presenti siano utili per un efficiente sviluppo futuro del mercato dei mini-bond in Italia, che certamente l’Osservatorio continuerà a studiare. Un doveroso ringraziamento va agli sponsor e ai partner che hanno creduto da subito nell’iniziativa permettendo la pubblicazione di questo rapporto, così come siamo riconoscenti verso tutti coloro che hanno contribuito alla raccolta e alla verifica delle informazioni.
 
Mini-bond: definizioni e contesto
 
In questa ricerca definiamo i ‘mini-bond’ come titoli di debito (obbligazioni e cambiali finanziarie con scadenza fino a 36 mesi) emessi da società quotate o non quotate in Borsa, in virtù delle recenti innovazioni normative introdotte dal Decreto ‘Sviluppo’ in avanti. In particolare ci riferiamo a emissioni da parte di società di capitali o cooperative (escludendo banche e assicurazioni) di importo massimo fino a € 500 milioni, aventi operatività propria. L’industria dei mini-bond ha conosciuto nel 2013 e nel 2014 uno sviluppo costante, in risposta alle difficoltà causate dalla crisi finanziaria e dal credit crunch. L’effetto combinato della riduzione dei margini aziendali e della minore offerta di credito da parte del sistema bancario italiano ha infatti spinto le imprese a cercare fonti di finanziamento alternative. Se per le grandi imprese l’accesso al mercato mobiliare è una via piuttosto agevole, per le PMI sono numerose le difficoltà sia dal punto di vista culturale, sia dal punto normativo. Storicamente, infatti, la dipendenza delle piccole imprese dai finanziamenti bancari è in Italia più forte che altrove. L’azione legislativa, con la determinante opera del Ministero dello Sviluppo Economico, si è soprattutto concentrata (attraverso il già citato Decreto ‘Sviluppo’ seguito dai Decreti ‘Sviluppo-bis’, ‘Destinazione Italia’ e ‘Competitività’) sulla rimozione dei vincoli amministrativi e sulla parificazione della deducibilità dei costi relativi alla scelta di finanziarsi attraverso il collocamento di titoli sul mercato mobiliare, rispetto a quella di utilizzare il consueto canale bancario. Importante anche la decisione di estendere ai mini-bond (e ai fondi che li sottoscrivono) l’operatività del Fondo Centrale di Garanzia, così come la semplificazione delle procedure di cartolarizzazione e di costituzione di garanzie a tutela degli investitori. In sostanza si è offerta alle PMI (con l’esclusione delle sole microimprese) l’opportunità concreta di aprire un nuovo canale di finanziamento diretto sul mercato. Altro elemento importante per definire il contesto è l’apertura da parte di Borsa Italiana della piattaforma di scambio ExtraMOT PRO, che ha consentito alle imprese di individuare un mercato secondario ‘adatto’ per i mini-bond, con procedure di ammissione semplici, rapide e poco costose: un mercato che in meno di due anni è riuscito ad attrarre la quotazione di 90 titoli per un controvalore complessivo di € 4,8 miliardi, pur con scambi ridotti data la caratteristica di scarsa liquidità. Uno sguardo all’Europa ci consente di identificare l’esperienza italiana come uno dei punti di riferimento, alla stregua di altre sperimentazioni che nel Regno Unito, in Germania, Francia, Spagna e Norvegia vedono i listini borsistici impegnati a offrire una piattaforma di sviluppo dei mini-bond.
 
Le imprese emittenti
 
La ricerca, considerando i parametri prima introdotti, ha identificato 86 imprese che alla data del 31 dicembre 2014 avevano collocato mini-bond in Italia. Fra queste, 34 sono identificabili come PMI. In gran parte si tratta di società per azioni, ma sono rappresentate pure società a responsabilità limitata e cooperative. Nel campione compaiono anche 12 imprese già quotate sul mercato azionario. è interessante notare che il 14% delle imprese del campione non avrebbe potuto emettere i mini-bond, sulla base della normativa esistente fino al 2012. Il fatturato delle imprese emittenti è molto
variabile; la fascia più numerosa del campione si concentra fra € 50 milioni e € 100 milioni, ma compaiono anche ben 14 PMI con un fatturato inferiore a € 10 milioni. Per quanto riguarda il settore di attività, si registra una netta supremazia del settore manifatturiero, relativa però alle soli grandi imprese. Vi è comunque una certa eterogeneità nella rappresentanza, che tocca settori molti diversificati, dal commercio alle utilities, dai servizi finanziari all’immobiliare, dall’informatica alle costruzioni. La collocazione geografica evidenzia una netta prevalenza delle regioni del Nord (in particolare Lombardia, dove risiede un terzo delle emittenti, seguita da Veneto ed Emilia Romagna). Completa il quadro un’analisi delle motivazioni del collocamento (ponderate da una review dei costi diretti e indiretti) dalla quale emerge come dominante l’obiettivo di finanziare la crescita interna dell’azienda (in circa la metà dei casi, soprattutto per le PMI). Al secondo posto emerge l’obiettivo di ristrutturare le passività dell’impresa (soprattutto per le grandi imprese). Seguono le strategie di crescita esterna tramite acquisizioni, e il fabbisogno di alimentare il ciclo di cassa del capitale circolante. 
 
Le emissioni
 
La ricerca passa poi a esaminare le 96 emissioni di mini-bond effettuate dalle imprese del campione a partire da novembre 2012 (in alcuni casi le imprese hanno deciso più emissioni). Si tratta in gran parte di obbligazioni, ma compaiono anche 7 cambiali finanziarie. Il valore nominale totale dei mini-bond è pari a € 5,7 miliardi (€ 336,5 milioni considerando solo le PMI). Emerge con chiarezza una prima fase del mercato, che coincide con l’anno 2013, in cui si sono affacciate sul mercato soprattutto le grandi imprese, ed una seconda fase (il 2014) che ha segnato l’arrivo più frequente anche delle PMI. Il valore nominale medio del collocamento nel 2013 risulta infatti ben superiore a € 100 milioni, mentre è circa pari a € 25 milioni nel 2014. Nel campione, le emissioni sotto € 50 milioni sono la maggioranza (il 78%). Il 23% è sotto la soglia di € 5 milioni. Quasi tutti i titoli (86 su 96) sono stati quotati su ExtraMOT PRO. Nel campione compaiono però anche 4 titoli non quotati. Gli altri titoli (tipicamente di grandi imprese) sono quotati su mercati esteri. Per quanto riguarda la scadenza, si registra una netta concentrazione sul valore di 5 anni, soprattutto per le grandi imprese. Il valore medio per tutto il campione è 6,2 anni, quello mediano 5 anni. Alcuni minibond (soprattutto le cambiali finanziarie) hanno scadenza molto breve; esistono invece una decina di titoli con scadenza superiore a 7 anni. Nella maggioranza dei casi (il 62,5%) il rimborso del titolo è previsto alla scadenza (bullet), soprattutto per le grandi imprese. Nelle PMI e nelle emissioni sotto € 50 milioni è relativamente più frequente la modalità amortizing, con un rimborso graduale fino alla scadenza. Per quanto riguarda la cedola, in 86 casi su 96 è stata fissata all’inizio del prestito, mentre in 10 casi è stata legata ad un benchmark variabile nel tempo. Il valore medio della cedola fissa per l’intero campione è pari a 6,14%, quello mediano è il 6%. I mini-bond del campione sono associati a un rating nel 33,3% dei casi. Il ricorso a questa forma di comunicazione e segnalazione è riscontrato soprattutto per le grandi imprese. Molto frequente invece (in particolare per PMI e società finanziarie) la clausola di opzione call, che permette il rimborso anticipato del titolo da parte dell’emittente. Spesso è abbinata ad una clausola di tipo put, nel senso che il rimborso può essere richiesto in anticipo dall’investitore. Tale clausola è più frequente per le emissioni a lungo termine e per quelle di importo maggiore. La presenza di una garanzia sul rimborso del capitale, a dare maggiore sicurezza agli investitori, è invece piuttosto rara (riguarda solo il 17,1% delle emissioni); di nuovo, è più frequente per le società di grande dimensione e per i collocamenti più consistenti. Il rispetto di determinati covenant in funzione di ratio patrimoniali-reddituali-finanziari è presente nel 39,6% dei casi, ed è relativamente più frequente per le emissioni di importo minore e per quelle di lungo termine. I dati raccolti ci portano ad ipotizzare due diversi ‘approcci’ verso il mercato dei minibond, per come l’abbiamo conosciuto fra il 2013 e il 2014: le grandi imprese e le società già quotate si confrontano con investitori più sofisticati, che esigono il rating e una serie di garanzie e covenant ‘standard’, in un mercato altamente competitivo. Le PMI sono meno preparate per affrontare in termini di competenze e costi la richiesta di un rating e la predisposizione di garanzie legali sul prestito. Esse ricorrono più facilmente a meccanismi formali meno costosi quali i covenant, e preferiscono mantenersi una certa flessibilità rispetto alla restituzione del prestito. Attraverso un rapporto ‘personalizzato’ sono riuscite a trovare interlocutori disponibili sul mercato finanziario, ma con l’arrivo dei fondi professionali le strategie saranno rimesse in discussione. 
 
Gli attori della filiera
 
La ricerca passa poi a identificare i diversi attori che stanno popolando il mercato dei mini-bond, affiancando imprese emittenti e investitori istituzionali (ricordiamo che i mini-bond non sono oggi accessibili agli investitori retail). L’advisor è un consulente destinato ad affiancare l’impresa nella decisione strategica iniziale, nell’analisi del business plan, dell’information memorandum e nella definizione di tempi e modalità dell’emissione. I consulenti legali si occupano di verificare gli aspetti formali e di compliance rispetto ai contratti e ai regolamenti o prospetti del prestito. L’arranger si occupa invece del collocamento dei titoli sul mercato, individuando i potenziali investitori e occupandosi del ‘fine tuning’ rispetto alla definizione dei rendimenti offerti. La società di rating è un altro attore di riferimento nell’emissione di giudizi indipendenti sulla solvibilità dell’emittente. Numerosi sono anche i portali informativi e le iniziative implementate sul territorio nate negli ultimi mesi per diffondere la conoscenza dei mini-bond. Per il futuro si può immaginare, come sta già avvenendo in altri comparti del mercato del capitale, una progressiva disintermediazione che porterà gli investitori ad un contatto sempre più diretto con il mercato. In questa direzione un ruolo chiave è giocato da Internet e dalle nuove tecnologie fintech, così come dalla diffusione del crowdfunding. 
 
I fondi di private debt
 
Un capitolo specifico è dedicato all’arrivo sulla scena dei fondi di private debt, ovvero fondi specializzati nell’investimento in mini-bond. La ricerca ha censito 29 iniziative ai nastri di partenza, di cui 11 risultano avere già effettuato investimenti. In gran parte si tratta di fondi chiusi, gestiti da SGR italiane o da veicoli esteri. Nel complesso, la stima delle risorse disponibili, in caso di avvio di tutti i fondi, sarebbe pari a € 6 miliardi. Determinante per lo sviluppo di questa industria è stata la decisione del Fondo Italiano di Investimento di istituire un fondo di fondi dedicati ai mini-bond, finanziato al primo closing dalla Cassa Depositi e Prestiti. La raccolta target dei fondi è in media compresa fra € 150 milioni e € 500 milioni. Le imprese in cui idealmente il fondo investirà hanno fatturato fino a € 250 milioni. Il rendimento annuale lordo obiettivo è tipicamente fra 6% e 8%. Stanno entrando sul mercato anche operatori esteri, interessati alle opportunità che si aprono, i quali in genere investono su imprese di media dimensione, con risorse più consistenti. I trend in atto e gli scenari futuri In conclusione del lavoro vengono proposte alcune riflessioni, che serviranno per indirizzare l’attività di ricerca futura dell’Osservatorio. Quattro in particolare sono gli spunti offerti: (i) i benefici che i mini-bond potranno generare per le imprese emittenti e in generale per il sistema economico, (ii) la sostenibilità del debito contratto nel mediolungo termine, (iii) l’evoluzione del mercato nei prossimi mesi, con il consolidamento del ruolo dei fondi di investimento, e con le decisioni strategiche delle grandi banche e delle assicurazioni, (iv) le potenzialità riferite agli ambiti delle cartolarizzazioni dei mini- bond e dei project-bond, che al momento sono ancora tutte da sviluppare.  
 
Contenuti a cura dell’Osservatorio Mini-bond 
 

  

02/03/2015 | Categorie: Imprese e Pir Firma: Redazione