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Crisi finanziarie e mercati finanziari – parte seconda
I mercati sono ciclici ed è proprio nella loro ciclicità temporale, che si può capire il loro comportamento e allo stesso tempo nella loro dinamicità storica, si possono avanzare ipotesi sulle loro dinamiche future. Intendiamoci di sicuro non c’è niente, le previsioni certe vengono fatte dai maghi, mentre noi ci basiamo sulla storia e soprattutto sulla statistica. E comunque non si possono fare previsioni attendibili, valutando una sola serie di dati, ma delle valutazioni serie e attendibili si possono costruire solo dopo aver verificato una molteplicità di fattori e di dati. Solo dall’interpolazione di questi fattori, è possibile formulare , in termini probabilistici, una serie di scenari futuri.
Giunti a questo punto della trattazione, qualcuno potrebbe chiedersi, se i mercati finanziari hanno una rappresentatività ciclica, allora i prezzi che si manifestano nei mercati non seguono un andamento casuale, come invece sostiene la Random Walk Theory ?. Ma facciamo un piccolo passo indietro e spieghiamo brevemente la suddetta teoria. La Random Walk Theory sostiene che l’evoluzione dei prezzi non sia prevedibile e che non vi sia modo di trarre vantaggio dalla divulgazione delle informazioni perché i mercati le incorporano troppo velocemente diventando sempre più efficienti. La RWT identifica nel prezzo noto in un dato momento il limite ultimo della conoscenza degli operatori, al di là del quale è impossibile fare previsioni e l’unica strategia che consigliano e il “BUY & HOLD”. L’autore in questione ha una sua idea, tutta sua, condivisibile o meno, in merito al movimento dei prezzi nei mercati finanziari.
Il prezzo che si forma nei mercati finanziari non è spiegabile da una sola teoria, da un’unica formula che circoscriva il tutto al puro caso. Tutto ciò potrebbe andare bene per l’ interpretazione di un fenomeno fisico, ma la realtà dei mercati finanziari è molto più complessa. I mercati azionari sono in primis costituiti da essere umani, che interagendo tra loro, determinano il consenso o meno sul prezzo delle azioni. Questa interazione tra gli uomini muove il mercato prima verso l’una e poi verso l’altra direzione, in una successione ricorrente e ripetitiva.
I prezzi delle azioni non seguono un andamento di tipo browiano, cioè non sono indipendenti dalle variazioni precedenti, non hanno un andamento casuale, non seguano una distribuzione di tipo gaussiana ma l’andamento dei prezzi su un mercato finanziario è dato dall’interazione di milioni di operatori, i quali operano (vivono in gruppo) in condizione di incertezza, di razionalità limitata e anche di visione limitata del futuro. L’interazione dei partecipanti al mercato è funzione di uno scopo comune (fine egoistico), ossia il guadagno, ma per raggiungere tale obiettivo comune, ognuno ha bisogno degli altri (fine collaborativo). Ma ciascun partecipante al mercato è solo, e cercherà nella sua individualità di battere gli altri partecipanti (fine competivo). Questa interazione fra fini egoistici e modalità di collaborazione fra i partecipanti determina le regole del mercato. L’interazione fra i partecipanti con le loro paure, incertezze, avidità determina delle configurazioni (definite patterns) di tipo sociale (consenso verso una direzione o dissenso) che si esprime poi come configurazioni visibili dell’attività sociale dei partecipanti.
Ma torniamo alla storia dei mercati finanziari, che cosa ci ha lasciato ?, ma soprattutto che cosa ci ha insegnato ? E’ possibile formulare ipotesi o previsioni future mentre in questo momento sui mercati finanziari corre l’incertezza e la paura ?
La risposta non è così semplice e non si può generalizzare, confrontando semplicemente tra loro le crisi passate, per poi formulare delle previsioni. Il passato è passato, non torna più, ma comunque a noi, studiosi del passato, rimangono la storia dei comportamenti economici degli individui, quelli invece sono sempre simili, indipendentemente dal contesto storico, politico, economico e sociale. A livello macro l’agire economico degli individui non è solo funzione delle proprie motivazioni interne ma anche degli input provenienti dall’esterno, ossia prendiamo decisioni anche in relazione a quel mondo che è fuori da noi, che non possiamo controllare.
La pressione dei mass media, delle credenze, della paure, delle incertezze , ci portano a fare quello che singolarmente non avremmo nemmeno pensato di fare. In particolare, in condizioni di incertezza, se il singolo individuo è indeciso a prendere una determinata decisione, ma il gruppo preso come riferimento, ha intrapreso una certa direzione, molto probabilmente, l’individuo in questione seguirà il gruppo (istinto del gregge). Questo significa che l’uomo sotto la spinta di un evento destabilizzante si comporterà sempre allo stesso modo, facendo quasi sempre gli stessi errori, ossia secondo un rapporto causa ed effetto.