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Consumi energetici in Italia: il gas autoprodotto è la soluzione?

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Tra le soluzioni per cercare di mitigare i costi di spesa dell’energia e del gas si potrebbe considerare di autoprodurre in Italia queste risorse energetiche, incrementandone la quantità a disposizione dei consumatori.

Negli ultimi tre secoli i consumi di energia su scala globale sono aumentati esponenzialmente contribuendo, in maniera preoccupante, alla manifestazione dei cambiamenti climatici. Nello specifico per l’Italia, non solo nel corso di tutto il 2020 ma anche di parte del 2021 si sono registrati alti volumi di consumo di gas, la cui produzione non è interamente casalinga ma la sua importazione è appannaggio dei Paesi esteri.

Il nostro paese, infatti, consuma ben il 42% di gas naturale (più il 36% di petrolio) e – pur producendo una buona quantità di queste due risorse – al netto importa ben l’89% di oro nero, il 94% di gas e il 100% di carbone. Forte consumo e alta dipendenza dall’estero comportano, di conseguenza, elevati costi di approvvigionamento: nel 2020 la spesa netta per l’energia in Italia è stata di circa 23,4 miliardi di euro e nel 2021 l’inflazione ha fatto alzare ancora di più i prezzi.

I consumi di gas ed energia elettrica in Italia: i dati del 2021

Fino a novembre 2021 la rete elettrica italiana ha consumato 290.656 GWh (Giga Watt Ora), con una media mensile di circa 26.500 GWh; mentre per ciò che riguarda il consumo di gas ed energia pro capite, è stato rilevato ogni italiano consuma circa 4.554 kWh all’anno. Questi dati non devono spaventare per due ragioni:

  1. I consumi di gas ed energia elettrica non sono aumentati nel corso dell’ultimo anno, ma anzi hanno registrato valori inferiori sia rispetto al 2019 (319.597 GWh) che al 2020 (302.751 GWh).
  2. I volumi di gas ed energia pro capite consumati in Italia sono inferiore a quelli di altri Paesi esteri come, ad esempio, Francia (8.097 kWh), Olanda (7.246 kWh), USA (12.235 kWh) e Cina 5.297 kWh).

Tali rilevazioni ci mostrano come i consumi energetici non siano in aumento e ci lasciano sperare in un calo anche per il 2022, anche grazie alla sempre più massiccia diffusione della cultura dell’efficientamento energetico, prezioso alleato della transizione ecologica – uno dei provvedimenti previsti dal governo italiano ed inseriti nel PNRR.

Italia e consumi energetici: l’importazione di gas naturale dall’estero è la prima causa di inflazione e rincari

Nonostante i valori del consumo di gas ed energia si stiano abbassando, sono relativi al 2021 i dati che riportano un rincaro dei prezzi delle Commodity soprattutto per ciò che concerne il gas naturale in Europa con un +723%. L’aumento della quotazione del gas naturale ha avuto i suoi effetti sui prezzi dell’energia elettrica, in particolare in Italia, facendo aumentare i costi energetici delle imprese industriali (37 miliardi per il 2022 rispetto agli 8 miliardi del 2019) e non solo.

Il forte vincolo che il nostro Paese ha con l’estero per l’importazione di energia e gas naturale ha un forte impatto anche sul bilancio degli italiani per i quali i consumi relativi all’energia coprono ben l’8,3% delle loro spese (un 4,5% di elettricità e gas per l’abitazione e un 3,8% di carburanti per i trasporti). L’aumento dell’inflazione nel 2021 è stato causato proprio dagli ingenti costi delle Commodity (+2,4% su 3,9% totali) che vanno ad assorbire risorse che le famiglie italiane avrebbero potuto destinare verso altri beni e servizi.

Autoproduzione di gas in Italia: una strada percorribile?

Tra le soluzioni per cercare di mitigare i costi di spesa dell’energia e del gas ci potrebbe essere quella di prendere in considerazione l’ipotesi di autoprodurre nel territorio nazionale queste risorse energetiche, incrementandone la quantità a disposizione. Ma è davvero una proposta fattibile o una soluzione risolutiva? Sembrerebbe di no.

Questo perché identificare nuovi giacimenti, svilupparli e mettere in produzione pozzi richiederebbe anni (mesi in caso di giacimenti già coltivati); c’è da dire, poi, che una nuova fonte di gas potrebbe influenzare il prezzo europeo solo se fosse di dimensione rilevante rispetto al fabbisogno complessivo.

Le intere riserve di gas naturale in Italia ammontano a meno di un solo anno di consumi (pari a 70 miliardi di m3/a) e la produzione italiana annua non potrebbe quindi significativamente aumentare rispetto ai circa 5 mld di m3/a attuali. Di conseguenza, si tratterebbe di incrementi irrilevanti rispetto al rapporto offerta/domanda che genera il prezzo di mercato, e quindi rispetto al prezzo stesso.

Tassonomia verde: l’UE inserisce gas fossili e nucleare tra le fonti di energia green

La volatilità del prezzo dell’energia fossile è certamente una questione rilevante che non scomparirà. Il modo più efficace – oltre che l’unico coerente con gli obiettivi climatici – per superare questa criticità è ridurre la dipendenza dal gas puntando su energie rinnovabili, reti, stoccaggi e flessibilizzazione della domanda. Nel dibattito di questi mesi l’efficienza e la crisi energetica è stata al centro della questione che ha riguardato il voto della Commissione europea sulla Tassonomia verde.

Il 2 febbraio 2022 la Commissione europea ha pubblicato la versione finale della proposta sulla Tassonomia verde (la classificazione degli investimenti ritenuti sostenibili dall’UE da un punto di vista ambientale), confermando l’inclusione di gas fossili e nucleare tra le fonti energetiche “utili” alla transizione ecologica e che quindi (a determinate condizioni) possono avere l’etichetta europea per gli investimenti green. Tale decisione non è stata vista di buon occhio e anzi sembra essere una scelta azzardata che rischia di far perdere credibilità all’UE agli occhi dei mercati finanziari mondiali.

In origine, infatti, il provvedimento europeo nasceva con la necessità di allineare la finanza agli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima siglato nel 2015, individuando un criterio credibile per indicare quali fonti energetiche erano realmente verdi e utili alla transizione ecologica – in particolare col riferimento all’aumento medio delle temperature entro 1,5 gradi, come stabilito in occasione della COP26 – e rappresentavano investimenti sicuri sul medio-lungo termine.

Il pericolo di includere gas e nucleare, infatti, è quello di esporre gli investitori ai rischi legati alla decarbonizzazione andando incontro alla falsa credenza di pensare di aver sottoscritto prodotti interamente “verdi”. La Tassonomia dovrebbe, al contrario, servire a indicare chiaramente e senza ambiguità i prodotti che sono esclusi dal rischio climatico.

Tassonomia verde, gas fossili e nucleare: quali i rischi per l’Italia

L’inclusione di gas e nucleare nella Tassonomia verde – sostenuta in maniera non dichiarata anche dall’Italia – rischia di danneggiare la crescita del nostro Paese, rallentando il processo di decarbonizzazione e togliendo risorse utili allo sviluppo delle energie da fonti rinnovabili che andrebbero indirizzate verso progetti di cui non c’è una reale necessità, come il gas.

Gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 fissati dall’Unione europea, infatti, determineranno negli anni a venire una crescente tassazione (anche a causa degli aumenti del prezzo del carbonio) e una maggiore volatilità dei prezzi del gas fossile. Di conseguenza un portafoglio “fossile” risulterebbe penalizzato e meno competitivo rispetto a uno basato su fonti energetiche rinnovabili.

La priorità dell’Italia, in questo momento, dovrebbe essere quella di recuperare le risorse finanziarie necessarie per fare un passo decisivo verso un sistema energetico decarbonizzato, investendo sullo sviluppo di nuove energie rinnovabili, tecnologie “intelligenti” per la gestione della domanda e di sistemi di stoccaggio oltre che il rafforzamento della rete elettrica, la trasformazione dell’industria italiana e la conversione delle piccole e medie imprese. Una tassonomia senza gas e nucleare permetterebbe, quindi, al nostro Paese di raccogliere più facilmente capitali privati nei settori strategici della transizione energetica, come indicato negli obiettivi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

17/02/2022 | Categorie: Economia e Dintorni , Investimenti Firma: Giulia Panebianco