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Bitcoin, una commodity (e non un asset) soggetta a bolle e speculazioni

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Il bitcoin non si può considerare un asset perché, a differenza di obbligazioni, azioni e mercato immobiliare, non produce reddito. Le commodity sono invece notoriamente soggette a bolle e speculazioni

Tutta la volatilità dei mercati finanziari sembra essersi trasferita nel mondo virtuale dei bitcoin. Sappiamo che la genialità della tecnologia non si riflette necessariamente nella creazione di valore economico.
In effetti, con una capitalizzazione di mercato superiore a quella di qualche grande azienda, ci troviamo di fronte a una bolla del digitale.
Forse i robot ci sostituiranno nel nostro lavoro, ma prima il bitcoin potrebbe inglobare tutta la nostra ricchezza. Nel mondo reale, il termine “bolla” viene utilizzato sempre più spesso in riferimento al mercato azionario americano.
Forse il Presidente Trump, coi suoi tweet, può continuare a far salire il mercato. Tuttavia, il recente andamento dei prezzi in rapporto ai livelli bassissimi di volatilità implica che gli investitori azionari raramente hanno ottenuto risultati così positivi. Mentre le obbligazioni hanno ancora poco potenziale di rialzo, le azioni possono salire ancora. Siamo alla fine del ciclo? Chi lo sa, certamente l’economia non sta rallentando. Ma, con un rendimento complessivo del 20% per quest’anno, non ci sorprenderebbe un’ondata di prese di profitto.

 

Criptomana

La volatilità è contenuta ovunque, tranne che nel mercato dei bitcoin. Chi sta seguendo l’andamento dei prezzi del bitcoin non può che essere meravigliato di fronte alle recenti dinamiche. Quotato a 6.377 dollari a fine ottobre, ha chiuso il mese di novembre a un prezzo di 9.960 dollari, dopo aver toccato il minimo di 5.660 il 12 novembre e il massimo di 11.395 il 29 novembre. All’inizio dell’anno ho esaminato il fenomeno della tecnologia blockchain e della moneta digitale e ho persino scaricato un’app che serve per l’acquisto di bitcoin. Inutile dire che, se l’avessi usata per fare un acquisto, avrei triplicato il mio capitale.

Questo andamento dei prezzi è del tutto estraneo a uno come me che segue il mercato obbligazionario. Tutta la faccenda dei bitcoin è piuttosto lontana dalla visione di un economista con una formazione classica che considera la valuta come una riserva di valore e un mezzo di scambio. In questo momento non possiamo dire che il bitcoin soddisfi questi criteri. Sono più incline e considerarlo come una commodity, non come un asset poiché non produce reddito (a differenza di obbligazioni, azioni e mercato immobiliare). Le commodity sono notoriamente soggette a bolle e speculazioni. In questo momento il bitcoin è proprio questo, una bolla speculativa che riflette perfettamente la “teoria del più stolto”. Qual è la tesi di investimento razionale?

Possedere bitcoin consente la partecipazione in imprese digitali attraverso l’acquisto di monete o “gettoni” (non possiamo fare a meno di pensare ai videogiochi), e la crescita del mercato digitale comporta che ci saranno rendimenti interessanti per chi investe in queste imprese?
La tesi irrazionale è che dovremmo acquistare bitcoin perché qualcun altro li acquisterà a un prezzo ancora più alto. Sarò all’antica, ma preferirei investire i miei soldi e i miei risparmi in beni e valute che prevedono qualche forma di accordo legale.

Da una ricerca su Google emerge che la capitalizzazione di mercato del bitcoin è stimata in 165 miliardi di dollari. Più di Ge Corporation, McDonalds, General Motors e BP. È una pazzia! Dov’è la creazione di valore economico che giustifica questo enorme aumento di ricchezza su “carta/digitale”?

Dopo aver assistito alle speculazioni sui mercati dei cambi nel 1999, posso solo immaginare che la bolla scoppierà prima che la maggior parte degli investitori in bitcoin sia riuscita a monetizzare i suoi investimenti in una moneta reale. È un rischio per il sistema finanziario? Probabilmente no, e non penso neppure che sarà la fine del mercato digitale, ma l’applicazione della tecnologia blockchain non dovrà lasciarsi distrarre dalla famigerata “febbre dei tulipani”.

 

A cura di Chris Iggo, cio fixed income di Axa Investment Managers

 

 

 

 

17/12/2017 | Categorie: Economia e Dintorni , Finanza personale , Imprese e Pir Firma: Redazione