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Bioeconomia, in Italia vale 260 miliardi di euro

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Parlando di bioeconomia, il comparto più rilevante in termini di valore della produzione è quello dell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco, che copre oltre la metà del totale (51%)

Un valore della produzione di 260 miliardi di euro, pari all’8,3% del totale nazionale, in moderata crescita rispetto all’anno prima, in coerenza con la fase di ripresa dell’economia italiana, con 576 startup innovative operanti nel settore (pari a circa il 7% del totale in Italia).  A tanto ammonta la bioeconomia nel nostro Paese, ovvero l’insieme dei settori che utilizzano materie prime rinnovabili di origine biologica. Lo si è appreso all’interno  del 4° rapporto sulla Bioeconomia in Europa presentato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, dal Cluster della chimica verde Spring e da Assobiotec, l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, che fa parte di Federchimica, in collaborazione con l’Università degli studi di Palermo.

Il comparto più rilevante in termini di valore della produzione è quello dell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco, che copre oltre la metà del totale (51%), per un valore superiore a 132 miliardi di euro, in crescita rispetto al 2015 di oltre due miliardi. Il 2016 è stato infatti un anno di consolidamento dei segnali di ripresa del settore, che ha beneficiato sia del recupero della domanda interna (frutto in particolare della ripresa del canale dei servizi alberghieri e ricettivi) che della riconfermata vivacità sui mercati internazionali. Le esportazioni italiane di prodotti alimentari e bevande si sono posizionate su valori ai massimi storici (23,8 miliardi di euro esportati nel comparto alimentare e 7,6 in quello delle bevande), a conferma della forza attrattiva espressa dal Made in Italy alimentare nel mondo.

“Lo studio conferma la rilevanza della bioeconomia nel nostro Paese, con un trend di crescita che ha riguardato soprattutto le componenti più innovative e i mercati esteri – commenta Stefania Trenti, responsabile industry direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo – La vivacità di questi settori è evidente anche dall’elevato numero di startup della bioeconomia che abbiamo censito per la prima volta nel rapporto. A questo proposito è interessante notare la specializzazione nella bioeconomia delle startup innovative di alcune regioni del Mezzogiorno (Sicilia, Sardegna e Puglia). In queste regioni, lo sfruttamento innovativo delle risorse biologiche dovrà giocare un ruolo importante, soprattutto nell’ottica di valorizzazione degli scarti delle attività primarie, come la pesca, trasformandoli da costo a risorsa”.

Dal canto suo, Laura Campanini, economista della direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, aggiunge: “Fra le diverse fasi che compongono il ciclo idrico, la più rilevante in un’ottica di bioeconomia è quella della depurazione e della conseguente produzione dei fanghi. I fanghi possono costituire una fonte importante di biomassa, attualmente solo in parte sfruttata, visto l’ampio ricorso alla discarica. Lo studio evidenzia la necessità di passare da una logica di smaltimento a una di valorizzazione delle risorse biocompatibili. Dai fanghi si possono ricavare energia (biogas e biometano), singoli nutrienti (fosforo in primis) e biomateriali (bioplastiche). L’assetto normativo e regolamentare è cruciale perché in grado di indirizzare le scelte degli operatori. Il recente decreto sul biometano darà un impulso importante alla filiera”.

17/03/2018 | Categorie: Investimenti Firma: Redazione