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Banche, ecco il futuro: tra
digitale e nuove relazioni

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Un report svela come gli istituti devono cambiare per restare competitivi

Il contesto nel quale operano le banche è in forte evoluzione per le novità tecnologiche e per via di un mercato che richiede nuove modalità di interazione. Bisognerà rivoluzionare la relazione con i clienti, sempre più in digitale, ma ci si dovrà aprire anche a collaborazioni con aziende Fintech e Big Tech. Una serie di fenomeni obbligano a riflettere sulle possibili traiettorie di sviluppo che le istituzioni finanziarie dovranno percorrere nel prossimo futuro e che avranno un impatto ampio su tutto l’ecosistema in cui queste operano. È in questo contesto che The European House – Ambrosetti e Openjobmetis hanno realizzato la ricerca di Ambrosetti Club “Le Banche del Futuro”.

Questi i principali fattori entrati in gioco: il cambiamento dei modelli di comportamento dei consumatori e delle aziende; gli impatti dell’affermarsi di nuove tecnologie digitali (ad esempio, Intelligenza Artificiale, Cloud Computing, Internet of Things, ecc.); alcune spinte di deregulation (ad esempio, PSD2); il permanere di scenari di tassi bassi e di curve dei rendimenti pressoché piatte.

La survey realizzata per la ricerca, in collaborazione con Openjobmetis, evidenzia infatti la progressiva riduzione della fidelizzazione delle aziende, la minore interazione delle PMI italiane con le banche e l’affermazione dei nuovi strumenti digitali. Condizioni economiche, presenza di un gestore dedicato, strategie omni-canale e offerta di nuovi servizi sono tra i fattori che le PMI italiane guardano con maggiore attenzione nel selezionare la propria banca: tutti fattori che contraddistinguono il modello di business tipico delle aziende Fintech che già operano su più segmenti dell’industria bancaria.

Ed è proprio in questo nuovo scenario che si inseriscono attori “non tradizionali” – aziende Fintech e Big Tech – che fanno del focus sul cliente e dell’uso della tecnologia il loro paradigma operativo. E prosperano grazie all’utilizzo intelligente dei dati che costituisce il loro asset principale: la conoscenza, un patrimonio tipicamente immateriale che è il vero generatore dei loro profitti.

Siamo di fronte all’affermazione della cosiddetta “intangible-rich economy”. «Il passaggio a un’economia in cui gli investimenti in asset intangibili prevalgono su quelli in asset tangibili è cruciale per il sistema bancario – sottolinea l’economista Pier Carlo Padoan, advisor della ricerca e Ministro dell’Economia e delle Finanze per due mandati, – ciò determina una modifica importante nella domanda e nell’offerta di servizi finanziari, cui potenzialmente si aggiungono nuovi servizi a valore aggiunto che non appartengono al perimetro tipico delle aziende bancarie, ma che sono abilitati da una più ampia ricerca e valorizzazione dei dati dei clienti».

12/04/2019 | Categorie: Economia e Dintorni , Imprese e Pir Firma: Redazione