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Protezione e assicurazione: l’Italia, Paese sottoassicurato

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La pandemia ha dato nuovo impulso all’interesse degli italiani per la protezione: tuttavia, considerando i dati, emerge una situazione di sottoassicurazione del Paese.

Nelle assicurazioni per la protezione dei beni, della salute e del patrimonio l’Italia presenta un grande divario rispetto gli altri Paesi europei

L’incidenza dei premi del ramo danni (con esclusione dell’RC auto che è obbligatoria per legge) sul PIL è dell’1,1% rispetto alla media europea del 2,8%. 

Escludendo l’RC auto, il premio annuo pagato in media da un cittadino italiano per le coperture assicurative di protezione è di 300 euro, mentre quello pagato dagli abitanti degli altri principali Paesi europei è in media di 937 euro. 

Questo dipende in gran parte dalla mancanza della consapevolezza del ruolo sociale delle assicurazioni, da una scarsa sensibilità al rischio, dal ruolo molto assistenziale dello Stato e dalla complicazione eccessiva dei documenti informativi

Gli Italiani e l’assicurazione

La pandemia da Covid-19 sta contribuendo a cambiare le cose e gli italiani stanno diventando più attenti ai rischi manifestando molta più attenzione alla salute e alle polizze che la tutelano, ma i paradossi restano. Molti sembrano attratti più dalla possibilità, sia pure rara, di un grosso guadagno che dalla eventualità, spesso molto concreta, di evitare una perdita consistente.

Nel 2020 e 2021 gli italiani hanno speso circa 110 miliardi di euro all’anno in giochi e lotterie. I premi del ramo danni (escluse l’RC Auto e veicoli marittimi) sono stati di circa 24 miliardi nel 2020 e 26 miliardi nel 2021, si tratta di cifre irrisorie se paragonate a quella spesa per tentare una vincita più unica che rara.

L’assicurazione sui beni immobiliari

L’Italia è il Paese europeo dove il 50% della ricchezza dei propri abitanti è investito nelle abitazioni, quota che sale a più del 55% considerando anche gli immobili non residenziali ed è il più esposto al rischio di terremoti e alluvioni. Inoltre, è bene considerare che il 72% degli italiani è proprietario della casa in cui vive. 

Oltre 21,5 milioni di persone abitano in zone con un rischio simico classificato come abbastanza elevato o molto elevato e circa 3 milioni che vivono in una zona di massima esposizione. In aggiunta, 15 milioni di abitazioni, ovvero più della metà, sono state costruite prima del 1974 in assenza di una normativa antisismica.

Questi dati farebbero pensare che l’Italia sia anche il Paese con la più ampia diffusione delle coperture assicurative sulla casa data l’elevata probabilità, soprattutto in diverse aree del Centro-Sud, di subire ingenti danni, invece solo il 50% delle abitazioni sono coperte da una formula assicurativa e solamente il 5% delle case è coperto contro terremoti e alluvioni.  

Per la casa sognata a lungo spesso è stato pagato o si sta ancora pagando un mutuo di 20 o 30 anni: perché non si pensa ad assicurarla?

Assicurazioni e polizze per infortuni e malattie

L’Agenzia Europea per la sicurezza Eu-osha ha condotto lo studio di ricerca “The value of occupational safety and health and the societal costs of work-related injuries and diseases” comparando i dati del 2015 relativi agli infortuni sul lavoro in Germania, Polonia, Finlandia, Paesi Bassi e Italia.

Da tale studio emerge che in Italia il costo totale complessivo degli infortuni e delle malattie professionali arriva al 6,3% del PIL; il costo medio del singolo infortunio è di circa 55.000 euro.

Per il 76,7% degli italiani le paure maggiori riguardano i problemi di salute causati da malattie o infortuni, ma una polizza malattia è sottoscritta solamente da 10 italiani su 100 e una infortuni solo dal 20 su 100.

Proteggere la non autosufficienza

Anche il problema della non autosufficienza è sottovalutato.

Nel rapporto del 2019 relativo al 2018 il Censis ha evidenziato che le persone non autosufficienti erano circa 3,5 milioni. Gli anziani non autosufficienti erano più di 2,8 milioni, ovvero il 20,7% del totale degli anziani e l’81% sul totale della popolazione non autosufficiente. 

La stima è che nel 2040 gli anziani non autosufficienti saranno più di 4,6 milioni, ovvero il 24,4% del totale degli anziani e l’82,5% sul totale della popolazione non autosufficiente che salirà a più di 5,6 milioni. 

Il Censis evidenziava che ormai la sanità in Italia è caratterizzata da uno stabile impegno economico delle famiglie e dall’erosione progressiva della spesa pubblica. Le famiglie garantiscono l’assistenza diretta in particolare con mogli e figlie in 7 casi su 10 e trasferiscono una parte dell’assistenza a circa 1 milione di badanti con una spesa annua per retribuzione stimata in circa 9 miliardi di euro. 

I limiti del modello italiano oggi

Ora il modello cosiddetto italiano sembra vacillare perché le spese sono finanziate con le pensioni e i risparmi degli anziani, ma sono 918 mila famiglie che si sono tassate per pagare la badante e le altre spese, 336 mila quelle che hanno dovuto dar fondo a tutti i risparmi e 154 mila quelle che si sono indebitate.

Inoltre, gli esclusi sono ancora troppi. Circa 1 milione di anziani con gravi limitazioni funzionali non beneficia di assistenza sanitaria domiciliare, 382 mila non autosufficienti non hanno né assistenza sanitaria né aiuti di alcun genere. 

In tale quadro il Servizio Sanitario Nazionale e il welfare in generale non sono né pronti, né adatti a coprire i fabbisogni assistenziali complessi dei non autosufficienti. Non a caso, il 56% degli italiani è insoddisfatto dei servizi sociosanitari per non autosufficienti sul territorio.

L’Italia è agli ultimi posti a livello europeo per quanto riguarda le cure a lungo termine che in media assorbono 15 miliardi di euro l’anno, dei quali ben 3,5 miliardi pagati di tasca propria dalle famiglie. 

Il nostro Paese riserva all’assistenza di lungo periodo il 10% della spesa sanitaria, fanalino di coda tra i big europei. Le polizze Long Term Care sono uno strumento di tutela molto importante considerato l’innalzamento della vita media, la percentuale e il numero di non autosufficienti e il fatto di non poter più contare con certezza, come fatto dalle generazioni passate, sui figli, sulle nuore e sul Servizio Sanitario Nazionale. Inutile sottolineare che tali polizze sono ancora scarsamente diffuse in Italia.

La previdenza complementare

Secondo i dati diffusi nel 2020 della COVIP, contenuti nella relazione annuale sull’attività svolta nel 2019, emerge che:

  • il totale degli iscritti alla previdenza complementare è di circa 8,3 milioni per un tasso di adesione sul totale delle forze lavoro del 31,4%;
  • gli iscritti ai PIP si attestano a 3,3 milioni; 
  • gli aderenti ai fondi negoziali sono 3,1 milioni;
  • i sottoscrittori dei fondi aperti sono 1,5 milioni;
  • sono circa 600.000 gli aderenti ai fondi preesistenti.

Analizzando le adesioni in base all’età degli iscritti emerge che: solo il 17,6% ha meno di 35 anni; il 52,9% ha un’età compresa tra i 35 e i 54 anni; il 29,5% ha almeno 55 anni.

Tra ben 40 Paesi l’Italia ha la percentuale più alta di persone che non sono veramente informate pur pensando di esserlo.

Preoccupante è il dato relativo al tenore di vita che i lavoratori pensano di mantenere quando andranno in pensione: il 49% pensa che il tasso di sostituzione si assesterà fra il 60 e 80%, una sovrastima fuori dalla realtà. 

I tassi di sostituzione percentuali cadono a picco per le nuove generazioni, passando dal 71% di coloro che oggi hanno 60 anni al 48% per le donne che hanno compiuto 30 anni nel 2020. 

Anche la Ragioneria Generale dello Stato ha sviluppato delle stime e i tassi di sostituzione lordi si sono confermati poco confortanti: un lavoratore dipendente del settore privato, che nel 2010 avrebbe ottenuto una pensione pari al 73,7% dell’ultima retribuzione, nel 2040 otterrà il 57,5% dell’ultima retribuzione e nel 2070 vedrà ridotta tale percentuale, a parità di requisiti contributivi, al 60,7%.

Per un lavoratore autonomo, invece, la riduzione del tasso di sostituzione risulterà più drastica passando dal 72,2% del 2010, al 44% del 2040 e al 49% del 2070.

Inoltre, 1 italiano su 4 che versa nella previdenza integrativa:

  • si iscrive tardi; 
  • versa poco e con un basso rischio; 
  • alla fine preferisce avere un capitale.

Le Piccole Medie Imprese

Tutto il segmento delle PMI italiane (4,35 milioni di aziende), che rappresenta il 99,3% delle imprese in attività con un ruolo strategico per il tessuto socioeconomico del nostro Paese, è fortemente sottoassicurato.

Secondo il “Next Level for Insurance – SME segment”, realizzato da CRIF, Italian Insurtech Association e Nomisma, le PMI italiane sono in una situazione critica. Infatti, i dati raccolti e analizzati indicano che:

  • solo il 62% dispone di una copertura assicurativa;
  • il 38% (ovvero 1,65 milioni aziende) non ha ancora assicurato la propria attività; 
  • hanno una bassa percezione dei rischi che l’attività imprenditoriale comporta e, di conseguenza, tendono a sottostimare l’impatto che un evento negativo può avere sulla loro attività; 
  • hanno una ridotta consapevolezza del rischio rispetto alla media delle aziende europee.

Nel 2021 i problemi collegati alla cybersecurity e alle interruzioni di attività hanno prodotto un effetto fortemente negativo sul business delle aziende. In Italia i soli attacchi di cybersecurity hanno determinato per le imprese ben 7 miliardi di costi.

Nonostante questi dati sono praticamente assenti le coperture per il cyber risk (9%) e le interruzioni delle attività (8%). 

Italiani e l’assicurazione: un gap in conoscenza

Per quanto riguarda le conoscenze e i comportamenti assicurativi degli italiani i dati non sono di certo fra i più confortanti: da un’indagine IVASS emerge un punteggio finale deludente. 

Gli italiani capiscono poco di polizze, ma sovrastimano le loro conoscenze. Non sanno di non sapere. 

L’eccesso di fiducia in se stessi fa sì che il 68,7% degli italiani ritenga di non aver bisogno dei consigli dell’assicuratore né di doversi affidare a fonti informative esterne, atteggiamento che porta le persone a scelte spesso poco efficaci ed efficienti. E i dati riportati in precedenza lo dimostrano.

Protezione e assicurazione, perchè gli italiani dovrebbero ripensarci?

In generale gli italiani preferiscono accantonare risparmi per far fronte ad eventuali imprevisti, anche se le perdite economiche derivanti da un evento imprevisto sono spesso molto più elevate rispetto ai risparmi accumulati da una persona o da un nucleo familiare.

Per questi motivi l’assicurazione è una componente essenziale nella pianificazione finanziaria ed economica di una famiglia e di un’azienda perché consente di limitare le perdite, promuove la stabilità finanziaria e le attività commerciali che a loro volta si traducono in crescita economica e sviluppo.

26/05/2022 | Categorie: Assicurazioni , Consulenza Patrimoniale , Economia e Dintorni Firma: Daniele Bussola - Area Tecnica Vita e Previdenza - Cattolica Assicurazioni - Gruppo Generali