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Aspetti fiscali degli investimenti in fondi di private equity di diritto estero

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Marco Piazza – Dottore Commercialista Studio Piazza Milano

Premessa

La notevole diffusione dei fondi di private equity di diritto estero richiede qualche approfondimento sulle implicazioni di carattere fiscale per gli investitori residenti in Italia.

I redditi degli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) sono tassati diversamente dai redditi delle società.

Gli investimenti in un OICR possono essere rappresentati, a seconda dei casi, in forma di azioni o quote di società d’investimento, a capitale fisso o variabile (SICAF o SICAV), di quote di fondi comuni cosiddetti “contrattuali” gestiti da una società d’investimento o di trust units o infine di quote di partecipazioni in veste di socio accomandante in società di persone estere.

Mentre la forma giuridica prevalentemente diffusa in Italia è il fondo comune contrattuale, in Europa e nei paesi anglosassoni si fa largo uso delle forme societarie.

Sia dal punto di vista regolamentare, sia dal punto di vista fiscale, la forma giuridica non ha rilevanza qualificatoria.

Gli elementi che caratterizzano l’OICR sono, invece, legati al tipo di attività svolta, alle caratteristiche dei partecipanti e alle modalità di gestione.

Le finalità dell’organismo sono di produrre per gli investitori un “rendimento aggregato” generato dal rischio condiviso che deriva dall’acquisto, dalla detenzione o dalla vendita di beni di investimento – comprese le attività finalizzate a ottimizzare o aumentare il valore di tali beni – a prescindere dal fatto che siano previsti rendimenti differenziati per gli investitori.

Non rientra negli scopi dell’OICR, il perseguimento di una strategia imprenditoriale caratterizzata da elementi quali lo svolgimento in modo prevalente di un’attività commerciale, che comprenda l’acquisto, la vendita o lo scambio di beni e merci o la fornitura di servizi non finanziari, o di un’attività industriale, che comprenda la produzione di beni o la costruzione di proprietà, oppure una   combinazione   delle   due   attività menzionate.

Inoltre, come messo codificato dall’articolo 1, comma 1, lettera k) del Testo unico della finanza, dal regolamento della Banca d’Italia sulla gestione collettiva del risparmio e dagli orientamenti ESMA (ESMA/2013/611) gli elementi qualificatori dell’OICR sono:

  • la raccolta del patrimonio presso gli investitori mediante offerta delle quote o azioni dell’organismo;
  • la pluralità degli investitori. Tale requisito è soddisfatto anche in presenza di un solo investitore, qualora l’investimento sia da questi effettuato nell’interesse di una pluralità di investitori (ad es., strutture master-feeder, fondi di fondi, ecc.); 
  • l’autonomia del gestore;
  • la politica di investimento predeterminata riguardante gli indirizzi e i limiti seguiti nella scelta delle attività oggetto di investimento

Investimenti fatti da società ed imprese commerciali

L’inquadramento giuridico dell’entità estera partecipata ha un ruolo fondamentale soprattutto per gli investimenti fatti da società ed enti commerciali e da imprenditori individuali italiani dato che, in capo a questi soggetti, i proventi degli OICR concorrono a formare il reddito complessivo imponibile nell’intero ammontare, mentre i dividendi distribuiti da società estere, a meno che provengano da un paese a fiscalità privilegiata,  concorrono con una base imponibile ridotta nella misura del 5% per gli investitori soggetti ad Ires e del 58,14% per gli altri soggetti (società in nome collettivo, in accomandita semplice e imprenditori individuali).

I comportamenti miranti a “trasformare” i proventi derivanti dai fondi comuni esteri in “dividendi” sono visti con sfavore dall’Agenzia delle Entrate (v. esempio 12, nella circolare n. 2 del 2021 in tema di meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di comunicazione nell’ambito del D. lgs. N. 100 del 2020 di attuazione della DAC 6).

Altro aspetto delicato è quello dell’inquadramento di questa tipologia di investimenti nell’ambito delle regole sulla determinazione dei reddito d’impresa.

L’orientamento consolidato è che le quote o azioni di OICR siano assimilabili ai titoli in serie o di massa di cui all’articolo 85, comma 1, lett. e) del testo unico (v. parere Abi n. 476 e interpello Direzione centrale 27 marzo 2018, n. 956-347/2018). Queste conclusioni sono importanti nel calcolare il “peso” di questo tipo di investimento ai fini del calcolo dei ricavi e dei redditi minimi nel regime delle società non operative, si debba applicare il coefficiente rispettivamente del 2% e dell’1,5%. Tuttavia, sono sorte incertezze dopo la pubblicazione della risposta 636 del 2020 riguardante un fondo comune estero costituito in forma di partnership. Probabilmente a causa della infelice formulazione della domanda, l’Agenzia ha ritenuto che il coefficiente applicabile a questo tipo di attivo fosse quello massimo del 15% per i ricavi e del 12% per i redditi.

Poiché si tratta di redditività allo stato attuale irrealistiche, si ritiene che la società possa comunque disapplicare il regime delle società dimostrando l’impossibilità di superare il test (v. circolare 5/E del 2007) in quanto questo genere di fondi comuni non distribuisce proventi fino al termine del periodo d’investimento con l’effetto che possono trascorrere diversi periodi d’imposta senza che sia prodotto alcun reddito per motivi non imputabili all’investitore.

Investimenti fatti da privati

Considerazioni diverse devono essere fatte per gli investimenti in fondi di private equity fatte dalle persone fisiche e dagli enti non commerciali al di fuori dell’esercizio d’impresa.

A questo proposito, va premesso che i fondi di private equity rientrano di norma nella categoria dei cosiddetti fondi d’investimento alternativi (FIA) che si caratterizzano da un lato per il fatto di non essere soggetti a particolari vicoli d’investimento, dall’altro per essere riservati da investitori qualificati. Invece, gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) regolati dalla direttiva 2009/65/CE sono soggetti a vincoli d’investimento imposti dalla legge, ma possono essere collocati anche presso investitori non qualificati.

Nella legislazione fiscale italiana non esiste più un trattamento differenziato fra i FIA e gli OICVM, mentre sussiste una distinzione fra gli OICR istituiti nella UE o nello Spazio economico europeo il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero in cui è istituito da quelli non rientranti in questa classificazione (ad esempio, i fondi statunitensi, inglesi o giapponesi).

Infatti, nel caso in cui l’investitore non sia una società o ente commerciale oppure un imprenditore individuale, mentre i proventi dei primi sono soggetti ad una ritenuta d’imposta del 26% ridotta al 12,5% sulla parte di provento imputabile ad investimenti in Titoli pubblici italiano o di Stati esteri cosiddetti “white list” (elencati nel Dm. 4 settembre 1996) i proventi dei secondi sono soggetti a ritenuta d’acconto e concorrono a formare il reddito complessivo imponibile del percipiente soggetto ad Irpef progressiva.

Un tema d’attualità riguarda il caso particolare degli OICR le cui quote o azioni siano detenute solo dai membri di una famiglia. Il fenomeno può riguardare anche i comparti di fondi comuni cosiddetti “ombrello”.

Va infatti ricordato, a questo proposito che il Regolamento della banca d’Italia sulla gestione collettiva del risparmio, traendo spunto dagli orientamenti ESMA citati, afferma che “non rientra nella nozione di raccolta del patrimonio l’adesione da parte di un familiare a un veicolo di investimento costituito e partecipato dagli appartenenti a un medesimo nucleo familiare e che ha come oggetto esclusivo la gestione del reazione i parenti fino al quarto grado, il coniuge, il convivente more uxorio e i figli di quest’ultimo, gli affini, nonché in generale i familiari fiscalmente a carico”. 

Dal punto di vista fiscale la questione è rilevante perché se l’entità estera è considerata fondo comune la tassazione del reddito è differita fino al momento della distribuzione del provento o del rimborso o cessione delle quote o azioni, mentre se non fosse considerata tale si dovrebbe indagarne la natura. Potrebbe infatti essere riqualificata come una società non residente, ma anche un soggetto meramente interposto utilizzato per dare una veste giuridica ad una relazione finanziaria cointestata oppure una società costituita all’estero, ma fiscalmente residente in Italia ove l’amministrazione finanziaria dimostrasse che si tratta di una entità eterodiretta con direzione effettiva in Italia.

Nel primo caso, se, come normalmente accade, il redditi prodotti dal fondo estero non sono assoggettati ad imposta nello Stato estero di istituzione del fondo, potrebbe trovare applicazione la disciplina di cui all’articolo 167 del testo unico che prevede la tassazione per trasparenza, in capo ai soci, delle società controllate estere i cui redditi siano soggetti ad un tax rate effettivo inferiore al 50% di quello vigente in Italia e i cui investimenti siano prevalentemente suscettibili di generare passive income (interessi, dividendi, plusvalenze). 

A questo proposito si ricorda che da un lato per verificare il requisito del controllo dell’entità estera – necessario per l’applicazione della CFC – si tiene conto dei familiari di cui all’ultimo comma dell’articolo 56 del TUIR, dall’altro che la circolare 18/E del 2021, ( pag. 122) afferma che il requisito del controllo deve essere verificato con riguardo ai singoli comparti dell’OICR di diritto estero, i quali costituiscono a tutti gli effetti un patrimonio separato. 

Nel secondo e nel terzo caso non opererebbe il differimento della tassazione. Inoltre, secondo la Cassazione (ad esempio, sentenza n. 20345 del 2019) la circostanza che un organismo d’investimento sia conforme alla legislazione di uno Stato membro non può comportare una presunzione assoluta insuscettibile di prova contraria. Pertanto, dal punto di vista fiscale, non è sufficiente che sussista il riconoscimento del requisito formale di fondo comune da parte degli organi deputati ai controlli ed alle verifiche, con il rilascio della relativa autorizzazione, ma è necessario che siano conformi alla normativa nazionale. 

Determinazione e tassazione dei redditi

Nel caso in cui i proventi degli OICR non residenti siano percepiti da persone fisiche o enti non commerciali al di fuori dell’esercizio d’impresa oppure da società semplici, gli impatti fiscali appaiono distorti dalla metodologia di tassazione prevista dalla norma.

In particolare:

  • i proventi distribuiti in costanza di partecipazione e la differenza positiva fra le somme o valori percepiti in occasione del rimborso o della cessione della quota e il relativo costo di acquisto sono considerati redditi di capitale; pertanto sono soggetti a ritenuta d’imposta o ad imposta sostitutiva del 26% (salva l’applicazione delle aliquote ridotte nel caso in cui il fondo comune contenga titoli pubblici italiano o esteri).Come noto i redditi di capitale non possono essere abbattuti mediante compensazione di minusvalenze eventualmente realizzate;
  • le minusvalenze rientrano invece fra i redditi diversi di natura finanziaria e saranno compensabili, pertanto, solo con eventuali future plusvalenze (fra le quali non sono comprese, per i motivi detti, i proventi dei fondi comuni). Generano minusvalenze anche le spese e commissioni pagate in occasione della sottoscrizione/acquisto o rimborso/cessione delle quote o azioni.

L’Agenzia delle Entrate (da ultimo risposta n. 161 del 2022 commentata da Assogestioni nella circolare n. 34 del 2022) ha ribadito che per stabilire se, in caso di rimborso delle quote il contribuente abbia percepito un reddito (tassabile) o solo una restituzione di capitale (da decurtare dal costo d’acquisto fino a concorrenza e da considerare come reddito di capitale per l’eventuale eccedenza) si deve fare riferimento al contenuto del documento d’offerta o regolamento del fondo e alle delibere degli organi dello stesso.

Spesso, la documentazione contabile trasmessa dal gestore non consente di operare agevolmente la distinzione. Inoltre, mentre alcuni fondi hanno regolamenti che considerano distribuzione di redditi solo le eccedenze rispetto ai capitali sottoscritti; altri determinano i redditi e le perdite in corrispondenza dei singoli investimenti e disinvestimenti effettuati al fondo, con l’effetto lo stesso OICR potrà generare redditi in un periodo d’imposta e perdite il un altro periodo con un rischio di doppia imposizione.

Particolarmente complessa è la gestione delle sottoscrizioni delle quote da parte dei singoli investitori.

L’investitore, infatti, assume un impegno a sottoscrivere le quote del fondo comune alternativo fino a concorrenza di un certo importo (commitment) quando il gestore lo richiede. Il costo fiscale, quindi, non è il commitment (che è solo un impegno), ma l’importo effettivamente sottoscritto ad ogni “chiamata” del gestore.

I regolamenti prevedono meccanismi di equalizzazione nel caso in cui un investitore assuma l’impegno di sottoscrizione dopo l’avvio del periodo di sottoscrizione. L’obiettivo dei regolamenti è di mettere tutti gli investitori sullo stesso piano; pertanto, l’investitore “nuovo” corrisponde, in questi casi, una somma destinata ad essere “girata” ai precedenti investitori; spesso la somma copre anche una quota delle spese sostenute dal fondo dalla sua istituzione al momento dell’ingresso del nuovo investitore, così da ripartire le spese in modo equo. Sono anche previsti interessi da equalizzazione.

Il regime fiscale di questi imposti per chi li corrisponde e per chi li incassa non è chiarissimo, anche perché i regolamenti dei vari fondi sono variegati. Si pensa che mentre gli interessi debbono costituire proventi del fondo per il percettore e costi di sottoscrizione per il nuovo investitore, le altre somme abbiano natura di rimborso di capitale per il percettore e di costo di sottoscrizione per il nuovo investitore. Sul tema, tuttavia si attendono chiarimenti ufficiali.

25/10/2022 | Categorie: Consulenza Finanziaria , Economia e Dintorni , Investimenti , Senza categoria Firma: Redazione