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Reporting di sostenibilità: ormai è uno standard riconosciuto anche in Italia

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Il reporting delle attività e dei comportamenti che si riferiscono alla responsabilità sociale d’impresa è ormai uno standard di business riconosciuto a livello globale. Circa il 70% delle aziende più importanti al mondo adottano questa forma di rendicontazione. 

Lo rivela l’8° edizione della ricerca ‘KPMG Corporate Responsibility Reporting 2013’. Il progetto nato nel 1993 e diffuso su base biennale, rappresenta lo studio più ampio sul reporting di sostenibilità a livello internazionale. Quest’anno il perimetro della ricerca è stato ulteriormente ampliato: comprende, infatti, le prime 100 aziende per ricavi di 41 paesi, per un totale di 4100 imprese. Tra le prime 250 aziende al mondo per ricavi, la percentuale di adozione dei report di sostenibilità è ormai del 93%.
 
“E’ chiaro che ormai il dibattito non è più se occorre adottare o meno i report di sostenibilità – 
dichiara Piermario Barzaghi, Partner KPMG Responsabile per la CSR – ma piuttosto cosa occorre rendicontare e come. La vera sfida diventa quella di identificare correttamente quelli che sono i temi ambientali e sociali più rilevanti per gli stakeholders e di portarli al centro delle strategie delle imprese per gestire rischi, creare nuove opportunità di business e costruire valore nel medio-lungo periodo.” 
 
Lo studio evidenzia in particolare, un forte incremento di questa forma di reporting in Asia – Pacifico dove ormai il 70 % delle aziende pubblica questa forma di rendicontazione, con un incremento del 22% rispetto alla precedente edizione della ricerca. Inoltre, circa la metà delle aziende che sviluppa una qualche forma di reporting sulla CSR, include poi informazioni relative alla sostenibilità anche nei financial report (era solo il 20 % nel 2011).
 
Analizzando anche la qualità dei report di sostenibilità tra le prime 250 aziende al mondo per ricavi emerge che:
 
– Un gruppo di 10 aziende emerge per la qualità del reporting. Si tratta di AP Moeller Marsk (Trasporti – Danimarca); BMW (Automotive – Germania); Cisco Systems (Communications & Media – USA); Ford Motor Company (Automotive – USA); Hewlett Packard (Electronics & Computer – USA); ING Group (Finance & Insurance – Olanda); Nestlè (Food & Beverage
– Svizzera); Repsoil (Oil & Gas – Spagna); Siemens (Electronics & Computers – Germania); 
Total (Oil & Gas – Francia).
– Solamente il 20 % delle aziende G250 riporta un chiaro collegamento tra le performance sulla Responsabilità Sociale e la retribuzione del Management;
– Le aziende europee sono quelle che riportano un punteggio più elevato in termini di qualità del reporting (71 su 100);
– Quasi il 90 % delle aziende del G250 sottolinea all’interno dei report di sostenibilità i fattori 
di cambiamento (le cosiddette ‘Mega Forces’) che modificheranno in profondità il modo di fare business nel prossimo futuro: cambiamenti climatici ma anche scarsità di risorse naturali essenziali come l’acqua. La maggioranze delle imprese intravede in queste discontinuità anche delle opportunità di business, non solo dei rischi da gestire.
– Solo il 23% delle aziende G250 pubblica un reporting bilanciato in cui si menzionano non solo i successi riportati, ma anche i feedback ricevuti dagli stakeholders e le aree di miglioramento. 
 
Nonostante non vi sia nessuna azienda italiana nel cluster delle aziende di eccellenza, le imprese italiane del campione sono in media quelle con lo ‘score’ più elevato in termini di qualità del reporting (85 su 100), seguite da quelle spagnole e da quelle del Regno Unito. 
 
A livello settoriale, i comparti in cui il reporting di sostenibilità è più diffuso sono l’Elettronica
e l’Informatica, il Minerario e il Farmaceutico. ‘Maglia nera’, invece, per le Costruzioni e la Distribuzione. Tra i settori che negli ultimi anni hanno registrato l’incremento più significativo nella produzione di queste forme di reporting vanno segnalati l’Automotive e il Communications & Media. 
 
Nonostante il reporting di sostenibilità si sia sviluppato su base volontaria, la regolamentazione rimane un driver essenziale per la sua diffusione. Non a caso, Paesi come Francia, Danimarca e Sud Africa, dove queste forme di reporting sono più diffuse, prevedono una qualche forma di regolamentazione su questa materia.

  

10/12/2013 | Categorie: Finanza personale Firma: Redazione