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Trump e la riforma fiscale, le prospettive sulle AZIONI

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Dalla vittoria alle elezioni di Donald Trump lo scorso novembre, i mercati azionari Usa hanno avuto un rally guadagnando oltre il 10%. Gli investitori hanno ora bisogno di sapere se questo rialzo è giustificato. In quanto tale, il rally genera di per sé incertezze. Ci si chiede se il mercato non sia forse cresciuto troppo in fretta, dando piena fiducia alle riforme annunciate da Donald Trump.

Ecco la view di Laurent Lacquier-Laforge, Cio Equities, La Française.
 
La realtà potrebbe imporre un rallentamento, specialmente se il sentiment del mercato americano venisse giudicato eccessivamente ottimistico. Tuttavia, il mercato statunitense è risalito anche dopo il discorso del presidente al Congresso lo scorso 28 febbraio. Si è notato in questa occasione un tono molto tradizionale, in contrasto con la retorica più aggressiva adottata dopo essersi insediato alla Casa Bianca. Ma non abbiamo notato nessun grande cambiamento relativamente alla sua politica. 
Inoltre, il presidente Trump non ha dato alcuna indicazione su come intende finanziare il piano infrastrutturale e di riarmo della Difesa da mille miliardi di dollari, riducendo al contempo l’indebitamento federale. Inoltre, non abbiamo intravisto nemmeno i dettagli essenziali del piano di budget fiscale o di stimolo alle infrastrutture.

Un aumento della fiducia degli investitori ha senza dubbio contribuito al rally. Gli investitori sono stati rassicurati circa la volontà e la capacità del presidente di attuare il suo programma fiscale, di deregolamentazione finanziaria e di riforme fiscali per le aziende destinate a sostenere le esportazioni e scoraggiare le importazioni. Tuttavia, vi è un rischio importante d’inflazione più elevata, di tassi di interesse più elevati e di un potenziale nuovo apprezzamento del dollaro statunitense.

Sebbene l’espansione economica sia stata un tema importante e positivo per i mercati azionari da metà 2016, non c’è un motivo concreto per giustificare tale fiducia. Probabilmente la questione più importante per i profitti delle aziende Usa e quindi, per gli investitori, è la riforma fiscale. I mercati azionari hanno benvenuto con entusiasmo le prospettive relative ai tagli fiscali aziendali.
Secondo i diversi calcoli, l’attuazione del piano fiscale di Trump aumenterà gli utili after-tax dal 10 al 15%. Questa misura sta chiaramente sostenendo il mercato azionario in un momento in cui i margini operativi sono orientati al ribasso; uno step logico quando l’economia si avvicina alla fine di un ciclo espansivo.
Ad oggi, il consenso degli analisi prevede per le società dell’indice S&P500 un incremento nei guadagni pari al 10% nel 2017 (oltre il 15% per l’Europa!).
L’apprezzamento del dollaro rispetto alla maggior parte delle valute (+9% rispetto all’euro da maggio 2016) sta pesando sulle esportazioni degli Stati Uniti, e le misure fiscali volte a rafforzare il protezionismo potrebbero pesare sul commercio internazionale.
Un “adeguamento delle frontiere” potrebbe far apprezzare ulteriormente il dollaro, ma potrebbe anche avere un significativo effetto negativo sui partner commerciali degli Stati Uniti, specialmente Asia e Paesi Emergenti. Infatti, riteniamo che i mercati non stiano scontando la probabilità di una tale misura e che, nel caso in cui dovesse verificarsi, potrebbero esserne colpiti ancora più duramente.

La dimensione della riforma fiscale che verrà approvata e i suoi effetti sulla crescita sono un tema molto dibattuto. Le tempistiche di attuazione della riforma potrebbero non essere ottimali per il ciclo economico degli Stati Uniti. Prendiamo, ad esempio, la politica di stimolo fiscale realizzata sotto la presidenza di Ronald Reagan nel corso di un’economia debole. Ci chiediamo quale potrebbe essere l’efficacia di un “moltiplicatore fiscale” sulla crescita quando l’economia stessa non ha più capacità inutilizzata. Con la disoccupazione al di sotto del 5% e modesto output gap, la risposta è probabilmente poco.

Pertanto, le azioni fiscali del presidente Trump possono avere un impatto minore del previsto sulla crescita degli Stati Uniti e nessun reale impatto sulla produttività. Potrebbero perfino generare rischi. Il programma fiscale potrebbe avere un effetto di surriscaldamento sulle pressioni inflazionistiche, spingendo la Fed ad aumentare i tassi di interesse più rapidamente di quanto previsto oggi, con un conseguente rischio di recessione per gli Stati Uniti. La massima recita appunto: "I cicli economici non muoiono di vecchiaia, ma di solito vengono uccisi". In conclusione, l’economia americana sta performando bene. Non ci sono segni di recessione all’orizzonte. Il problema è che la nuova amministrazione intende stimolare la crescita quando non vi è alcuna necessità di sostenere ulteriormente la domanda. Il modo in cui la Fed reagirà alle nuove pressioni inflazionistiche sarà per noi cruciale. In qualità di investitore azionario, riteniamo che il mercato statunitense sia troppo caro.

Restiamo a favore del mercato azionario europeo e abbiamo una posizione neutrale sul mercato Usa semplicemente perché l’economia è in miglioramento e ci potrebbe essere un afflusso potenzialmente enorme di capitali verso i mercati azionari, dopo più di un decennio di tassi d’interesse in calo.

 

  

20/03/2017 | Categorie: Investimenti Firma: Redazione