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Report Settimanale

E dopo l’ affanno, la battuta d’arresto. Nell’ottava appena conclusa abbiamo assistito ad una frenata generalizzata per i mercati mondiali ma nonostante tutto gli stessi difendono a testa alta gli elevati livelli raggiunti con la corsa partita lo scorso marzo. A livello europeo la piazza peggiore è stata Parigi con il CAC40 che è arretrato del 2,32%, seguita dall’ indice tedesco, il DAX30 che ha registrato un ribasso del 2,15% cosi come l’ indice inglese, il FTSE100 in ribasso del 1,75%. A livello settoriale non dobbiamo segnalare in denaro nessun settore mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore delle risorse di base (-5,71%), seguito dal settore delle costruzioni (-5,14%) ed infine dal settore dei chimici (-4,43%). Fra i principali titoli protagonisti assoluti Axa (+1,95%), France Telecom (+1,75%) e Carrefour (+1,24%) mentre in lettera segnaliamo Crh (-8,62%), Arcelor (-7,69%) e Saint Gobain (-6,58%).

Piazza Affari chiude la settimana con un ribasso dello Ftse/Mib (-1,62%), ma dobbiamo essere soddisfatti in quanto pure questo trimestre si chiude in positivo nonostante i primi dieci giorni di luglio ci avevano fatto tornare alla mente gli spettri della grande crisi. Fra i titoli maggiori dobbiamo segnalare in denaro Unipol (+4,10% tornato finalmente sopra la soglia psicologica di 1 € e riscoprendo l’importanza del settore assicurativo), Mediolanum (+2,96% il titolo a mio avviso beneficerà del rientro dei capitali dall’estero e i riusltati cominciano a vedersi) e Generali (+1,58% in rialzo grazie alla spinta dell’intero comparto) mentre in lettera, invece, troviamo Impregilo (-5,68% il settore ha corso tanto nelle ultime due ottave e in questa si sono verificate le consuete prese di beneficio che non hanno risparmiato il titolo), Autogrill (-5,44% prese di beneficio, ma a mio avviso il titolo ha ancora fiato e ritornerà a correre) e Pirelli(-4,90% normale rintracciamento dopo corposi rialzi ma ritengo di restare prudenti su un titolo che a me non è mai piaciuto).

Nell’ultima ottava l’indice ’S&P500 ha archiviato gli scambi a quota 1.044,38 punti, in flessione del 2,24%, dopo aver aggiornato l’area di massimo del 2009 a 1.080,15 punti. Il price-action nel finale ha però violato verso il basso una trend-line ascendente di breve periodo avente il suo punto d’origine nella data del 20 novembre 2008 e testata più volte nel corso di questi ultimi mesi. Sul downside il primo supporto è rappresentato dalla media mobile a 50-giorni (1.012,52 punti). Settimana cedente anche per l’indice Nasdaq100, attestatosi nel finale a quota 1.694,15 punti, in flessione dell’ 1,80%. Il listino tecnologico ha anch’esso nel corso dell’ottava trovato il modo per aggiornare il livello massimo di un anno a 1.754,54 punti. Graficamente parlando l’ultima quotazione risulta essere ancora ampiamente al di là di una trend-line discendente di breve periodo avente come punto di partenza il massimo storico (2.238,98 punti) registrato il 31 ottobre 2007 e testata più volte nel corso di questi anni. Il settore azionario ancora più volatile (VIX a 25,61 punti) ha visto le TLC (-0,18%) e gli staples (-0,85%) riuscire a dominare la scena. I settori più ciclici, i finanziari e l’oil & gas sono stati invece quelli più bistrattati. Da qualche settimana il comparto sul quale si sta concentrando la speculazione è quello delle materie prime minerarie. Nel mondo assicurativo si segnala il rialzo di circa il 12% del titolo AIG. La nuova stagione delle trimestrali negli USA si avvicina sempre più. Il prossimo 7 ottobre la big dell’alluminio Alcoa pubblicherà i conti di bilancio del terzo trimestre del 2009. Al momento gli analisti prevedono per il CORPORATE AMERICA una caduta in media degli utili nel Q3 ’09

Settimana all’ insegna della lettera per il Nikkei225 (-1,01%) che sembra riavvicinarsi con insistenza al supporto dei 10000 punti. A spingere al ribasso il listino giapponese è il continuo apprezzarsi della moneta per continuare a favorire i consumi domestici a danno delle imprese export.
Per quanto riguarda il mercato delle commodity, i best-performers della settimana sono stati il gas naturale (+5,48%) e il mais (+5,03%). Le vendite hanno invece interessato in particolar modo l’argento, il gasolio per riscaldamento, il petrolio (-8,36%), la benzina e il succo d’arancia, quest’ultimo fanalino di coda con un calo del 12,30%. Nella settimana della consueta operazione tecnica mensile di rollover del primo contratto-future in scadenza, questa volta da quello ottobre ’09 a quello novembre ’09, il petrolio WTI si è mosso nell’ intervallo di prezzo 65,05 $ – 72,20 $ per poi registrare una chiusura in area 66,02 dollari al barile, in calo di sei dollari, e sotto quel range di prezzo, che va dai 68 ai 73 $ al barile, ritenuto dal Cartello congruo e non penalizzante sia per i Paesi produttori che per quelli consumatori. Per quanto riguarda il comparto dei metalli preziosi, la quotazione dell’oro al Comex ha finito per scivolare sotto la soglia dei mille dollari attestandosi a 990,30 $, in calo di circa 19 dollari. L’area di massimo delle ultime 52 settimane (1.024,70) continua a rappresentare la prima resistenza. Da inizio anno l’oro si è apprezzato di oltre il 12% avendo sfruttato al meglio la debolezza del biglietto verde e la crisi economico-finanziaria.

Nel corso della settimana il cambio euro-dollaro ha finito per spingersi fino a quota 1,4844 aggiornando così ancora una volta l’area di massimo delle ultime 52 settimane per poi attestarsi nel finale a 1,4689, pressoché laterale. Il massimo intra-week è coinciso con il comunicato della Fed in materia di politica monetaria. La Banca centrale statunitense ha deciso di lasciare invariato il costo del denaro affermando che i tassi d’interesse saranno mantenuti “eccezionalmente bassi” per un prolungato periodo di tempo. I traders segnalano che qualsiasi minimo accenno alla possibilità di rialzi dei tassi d’interesse in futuro avrebbe come effetto un’impennata delle quotazioni del dollaro, e nessuno vuole restare scoperto di fronte a questa eventualità. Nel frattempo i segni di ripresa stanno facendo tornare l’appetito per il rischio, e in questa situazione si preferiscono le valute a tasso d’interesse maggiore, come l’euro, appunto, rispetto a quelle che remunerano meno gli investimenti.

Nel frattempo l’impressione è quella che l’euro-dollaro si sia incanalato in una trading range-area dinamica abbastanza ampia che va da 1,4500 a 1,5200. All’interno di questa banda di oscillazione sull’upside un’importante verifica potrebbe essere rappresentata dall’area 1,4900 lungo la quale passa una trend-line orizzontale testata già diverse volte negli ultimi due anni. L’indicatore RSI a 14-giorni ha finito nel corso dell ’ottava per scaricarsi attestandosi a 57,00 punti.
Settimana cedente per l’euro-yen con l’ultimo scambio in area 131,70 , in calo di oltre due figure e mezzo. Dal punto di vista grafico il price-action ha violato al ribasso una figura a triangolo il cui vertice è formato dall’intersezione di due trend-lines, una discendente originatasi in data 6 agosto 2008 ed un’ ascendente più di breve periodo. A questo punto qualora il trend ribassista dovesse perpetrarsi le quotazioni potrebbero scivolare verso la media mobile a 200-giorni (129,55).
L’euro-sterlina per la terza settimana consecutiva ha archiviato gli scambi in rialzo, attestandosi questa volta a quota 0,92100, in progresso di circa due figure, con l’area di 0,9430 nel mirino.

Il contratto- future sul decennale, dopo aver avviato le contrattazioni a quota 120,18, ha scambiato nell’intervallo di prezzo 119,85 – 121,70 per poi archiviare l’ottava a 121,48 punti, in rialzo di oltre una figura , in prossimità della media mobile a 50- giorni (121,50 punti). Così facendo ha interrotto una serie di due settimane di ribassi consecutive. Dal punto di vista grafico le quotazioni hanno finito per rimbalzare da un’area di triplo minimo a quota 120,32 testata più volte negli ultimi mesi. La curva dei rendimenti in Germania ha finito per scivolare verso il basso eccezion fatta per il segmento 3- 4 anni. Il 2-anni ha perso 7 bps, il 5 -anni è rimasto invariato, il 10-anni ha lasciato sul campo 12 bps e il 30-anni 15 bps. Lo spread BTP/BUND si è allargato di sette centesimi attestandosi a 77 punti base. Il rendimento del decennale tedesco ha archiviato gli scambi in area 3,26%, in prossimità della media mobile a 200-giorni.

Finora è stata proprio la tendenza ribassista di quest’ultimo parametro monetario a dirottare gli acquisti sul mercato obbligazionario più che la rassegna macroeconomica, che sviluppandosi ancora nel segno della recessione e della deflazione ha continuato a rappresentare un più che valido alleato per il mercato dei bond. Nell’ultimo periodo i titoli di stato hanno attirato una domanda fortissima: cosa che solitamente accade quando le prospettive economiche non sono incoraggianti. Insomma se le azioni attirano gli investitori, i titoli di stato non sono da meno. E, nonostante i rendimenti ai limiti dell’anoressia, gli investitori continuano a strapparsi i titoli di mano.

Un paradosso? No, la forte domanda contemporanea su Borse e bond è in buona parte l’effetto dell’immensa quantità di denaro che la BCE (al pari della Fed) ha iniettato sul mercato. Su quale dei due mercati è montata la bolla? Questo è il vero dilemma. Prendendo atto della situazione corrente l’idea è che la bolla possa essersi montata sul mercato delle azioni. Prevedendo invece a partire dal 2010 una ripresa economica, seppur lenta e graduale, e sposando contestualmente uno scenario più vicino all’inflazione che alla deflazione, il mercato più “pericoloso” potrebbe essere invece quello obbligazionario.

Nel Federal Open Market Committee di mercoledì 23 settembre la Banca centrale statunitense ha deciso di lasciare invariato il costo del denaro all’interno di una fascia compresa fra lo 0,00% e lo 0,25% spiegando la sua decisione con il fatto che se anche i mercati hanno mostrato segni di ulteriore miglioramento l’economia americana si è sì ripresa dopo la peggior recessione dal 1929 ma necessita ancora di un sostegno. Una mossa prevista dagli addetti ai lavori, ai quali la Fed ha anche comunicato che manterrà i tassi d’interesse agli attuali livelli, eccezionalmente bassi, per un periodo prolungato.

La curva dei rendimenti negli Stati Uniti ha finito per registrare un movimento di flattening: il 2-anni ha perso 1 bp, il 5-anni 9 bp, il 10-anni 14 bp e il 30-anni 13 bp. Così facendo il rendimento del decennale si è attestato al 3,32%, sotto una trend-line ascendente formatasi nel corso del 2009 e passante in prossimità dell’area 3,40%. Finora, il fatto che per via dell’espansione di base monetaria e dell’ampia liquidità offerta dalla Federal Reserve al sistema, i tassi monetari si siano schiacciati a ridosso dello zero rappresenta il motivo per il quale il mercato dei titoli di stato a reddito fisso continua ad essere sostenuto da qualche tempo a questa parte

29/09/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Vincenzo Polimeno