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Protezione della ricchezza familiare, l’esigenza di nuovi APPROCCI

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L’attuale contesto finanziario risulta poco favorevole alle tradizionali scelte di investimento della ricchezza delle famiglie. L’investimento in immobili soffre di una crisi non solo congiunturale: l’eccesso di costruito rispetto alla crescita demografica indica una generale stagnazione dei valori che non rende semplice, come anni fa, cercare protezione del potere di acquisto tramite questa diffusissima forma di investimento che ha impegnato buona parte dei risparmi delle famiglie italiane. 

Gli investimenti mobiliari, d’altro canto, sono stati vissuti per lo più come alternativa all’investimento immobiliare, quindi legati a una cedola (alternativa alla riscossione di un canone di affitto) e, dunque, rappresentati prevalentemente da obbligazioni. 
Questo scenario ha limitato lo sviluppo di una opportuna consapevolezza di investimento, tradotta in termini semplici, in una non corretta percezione del rischio e delle opportunità. Da qui una offerta di prodotti finanziari caratterizzata da sottostanti legati a una cedola, offerta per altro prevalentemente  da produttori non specializzati nell’asset management, in un sistema a bassa concorrenza. 
 
Il risultato è che oggi ci troviamo dal lato domanda con grande confusione in testa e, dal lato offerta, con la mancanza delle esperienze necessarie ad affrontare un mercato finanziario in radicale cambiamento. Le fonti di rischio sono diverse da quelle di ieri e mutano dinamicamente così come, all’opposto, le opportunità di rendimento hanno forme spesso differenti da quelle tradizionali e cambiano con frequenza molto superiore rispetto al passato. Ne risulta un disallineamento tra esigenze del risparmiatore e capacità di risposta del professionista mai registrato nel passato.
 
Dal nostro punto di osservazione di Sim di consulenza indipendente notiamo che sempre di più i risparmiatori portano richieste differenti dal passato. Tra le più evidenti riscontriamo la domanda di una maggiore comprensione dei rischi e delle opportunità di investimento, segnale a nostro giudizio di conferma del venir meno della cieca fiducia che a lungo ha contraddistinto il rapporto con le figure di riferimento tradizionali, in particolare le strutture bancarie di riferimento. 
 
Associata a questa richiesta di “education” emerge anche l’urgenza di capire se gli andamenti finanziari sono davvero imprevedibili o possono essere governati in modo proattivo, aspetto che risulta propedeutico a sviluppare un adeguato interesse a esplorare i contenuti dell’offerta dei vari player finanziari.  

Rilevante ci risulta anche l’esigenza manifesta di essere un poco più coinvolti nel processo di definizione delle soluzioni di investimento ritenute più adeguate che implica una capacità di personalizzazione dell’offerta non tipica nelle proposizioni commerciali prevalenti. Per gli investitori un poco più preparati sugli argomenti di investimento diventa importante anche verificare gli effettivi contenuti dell’offerta: spesso il brand non è più sufficiente a esaurire i cosiddetti “selling point”: occorre fornire contenuti tangibilmente di valore aggiunto significativo per incontrare l’interesse di questo tipo di investitore. 
 

Va da sé che in uno scenario di così forte cambiamento, certamente il più rilevante dal secondo dopoguerra, l’industria stia reagendo in maniere diversificate, anche sotto la spinta di nuovi competitor, talvolta provenienti da mondi originariamente ritenuti incompatibili con l’offerta di servizi finanziari.
In primo luogo registriamo una diversificazione degli attori che offrono servizi finanziari. In particolare sul mercato domestico, fino a ieri avevamo player finanziari generici, tipicamente banche, che vendevano e spesso producevano anche prodotti finanziari. Oggi, a fianco di questo tipo di offerta, emergono figure nuove, che possiamo rappresentare in due macro categorie. Da un lato esperti finanziari che propongono logiche maggiormente di servizio, offerte diversificate, specializzazioni in segmenti specifici dell’asset management, modelli di offerta e pricing originali, in una parola i consulenti, in accezione stretta “indipendenti”.
Queste figure si pongono tendenzialmente a metà tra le fabbriche prodotto e l’investitore finale cercando di proporre un modello di servizio diverso dalla pura vendita, regina incontrastata fino a poco tempo fa dell’offerta di servizi finanziari.
Puntano su competenza, esperienza, in generale tendono a replicare i modelli di offerta delle professioni regolate da Albi di più antica nascita quali i commercialisti, avvocati, notai e via discorrendo. Nei casi più sofisticati si spinge anche su capacità innovative di individuazione delle opportunità di investimento, citiamo la tecnicalità nominata “Goal Based Investment” e, soprattutto, l’«Evidence Based Investing» lanciato lo scorso 15 novembre a New York.
Dall’altro lato c’è il secondo macro-aggregato oggi rappresentato dalla voce «robo advisor», cioè soggetti misti, spesso di origine non finanziaria che, modellizzando soluzioni di asset management molto basiche e a costo contenuto, possono catturare quella clientela che riscontra nell’offerta tradizionale un costo eccessivo rispetto ai contenuti rilasciati. In questo caso si punta prevalentemente alla capacità di costruire ambienti digitali accattivanti, con risposte rapide a costi molto bassi, apparentemente esaustive ed in ogni caso recepite come innovative.
 
In ambedue i casi l’emersione di queste nuove figure non può che essere letta come conferma di una diffusa esigenza di nuovi approcci alla protezione della ricchezza familiare.
 
Tutto questo verrà esaminato durante il prossimo PFEXPO di Milano, in programma il 26 gennaio 2017 presso il Palazzo delle Stelline, all’interno del percorso “Dalla Brexit ai Brics passando per Bond, Bolle e Behavioral finance: il fattore “B” negli investimenti”, dalle 10.00 alle 13.00  
A cura di Riccardo Ambrosetti, presidente di Ambrosetti Asset Management Sim

  

11/01/2017 | Categorie: Mondo consulenti Firma: Redazione