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Giappone, i fattori positivi superano quelli negativi nel 2018

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Crescita degli utili societari, sgravi fiscali, domanda correlata alle Olimpiadi e aumento dell’immigrazione: ecco alcuni fattori positivi continueranno a produrre i loro effetti in Giappone

Abbiamo già illustrato le nostre prospettive positive per il Giappone che tengono in considerazione la riforma sulla corporate governance e quella sul mercato del lavoro nonché il rilancio della competitività relativa delle società giapponesi. La nostra visione ottimistica rimane invariata e per il 2018 prevediamo che i fattori positivi (crescita degli utili societari, sgravi fiscali, domanda correlata alle Olimpiadi, aumento dell’immigrazione ecc.) peseranno più di quelli negativi (rischio geopolitico, rallentamento della Cina ecc.).

LA CRESCITA SOSTENUTA DEL PIL

Il PIL giapponese registra un’espansione da sette trimestri consecutivi, mettendo a segno il periodo migliore da sedici anni a questa parte. Come illustrato nel grafico, il PIL nominale del Giappone sta raggiungendo un nuovo massimo a 549.000 miliardi di yen, il record dell’ultimo ventennio. Nel 2015, il governo giapponese aveva fissato come obiettivo un incremento del PIL nominale pari al 20% a quota 600.000 miliardi di yen, che al terzo trimestre 2017 era stato quasi raggiunto con uno scarto di appena l’8,5%. A nostro avviso, il PIL giapponese è in una fase sostenuta di crescita, coadiuvato dalle riforme strutturali, come quelle del lavoro e della fiscalità, e dalla politica monetaria accomodante della Bank of Japan (BoJ).

 

USCITA DALLA DEFLAZIONE: CI SIAMO QUASI O STA GIÀ AVVENENDO?

Malgrado l’inflazione non abbia raggiunto il target del 2% che la BoJ si era data ormai da tempo, la nostra ricerca sul campo suggerisce che l’economia giapponese non sia più in fase deflazionistica; non a caso generi alimentari, tariffe dei taxi, canoni di locazione per uffici, servizi di consegna e ristoranti hanno tutti registrato un incremento dei prezzi. L’indice dei prezzi al consumo (CPI) giapponese è aumentato costantemente durante lo scorso anno, facendo segnare un +0,9% a/a nel novembre 2017. Per stabilire se l’economia è uscita dalla deflazione, il governo giapponese si è avvalso di quattro indicatori principali, illustrati negli altrettanti grafici che seguono: 1) CPI, 2) deflatore del PIL, 3) costi unitari del lavoro e 4) output gap. Tutti questi indicatori si stanno apprestando ad entrare contemporaneamente in territorio positivo, precondizione per ufficializzare la fine della deflazione. Finché i quattro indicatori non daranno letture simultaneamente positive per alcuni trimestri, la politica monetaria accomodante è destinata a continuare. In questo scenario inflazionistico in evoluzione, le società giapponesi hanno cominciato a rivedere le proprie strategie al fine di vendere prodotti e servizi con prezzi adeguati2 invece di abbassarli al solo scopo di guadagnare quote di mercato. Questo approccio “normale” alla determinazione dei prezzi non si vedeva da un lasso di tempo piuttosto lungo a causa di una mentalità deflazionistica ormai radicata. La normalizzazione della strategia di fissazione dei prezzi dovrebbe contribuire a sostenere tanto i ricavi quanto gli utili e a migliorare ulteriormente i margini delle società giapponesi.

L’attenzione si sposta ora sull’inflazione salariale. Alcuni aumenti delle retribuzioni si sono verificati nella fascia di reddito inferiore, ma nel complesso la crescita dei salari è ancora debole. Stando al sentire comune in Giappone, le società vantano profitti in eccesso ma preferiscono trattenerli come riserva interna piuttosto che erogarli ai dipendenti. Secondo gli investitori, le società nipponiche non corrispondono agli azionisti la liquidità in eccesso nonostante detengano in questa forma oltre 200.000 miliardi di yen (1.800 miliardi di dollari) nei loro bilanci, con tassi d’interesse negativi in termini reali. Ma la situazione sta per cambiare.

Come vedremo nel prosieguo, il mercato del lavoro in Giappone è contratto al massimo sia su base storica che a livello globale, pertanto le pressioni salariali non dovrebbero tardare a influire sulla crescita delle retribuzioni. Il Primo ministro giapponese Shinzō Abe si è impegnato a premiare le società che innalzano i salari di oltre il 3%. Tenendo in considerazione le aspettative di un rialzo delle retribuzioni pari al 3% indicato da Abe e l’opinione pubblica, la Keidanren (Federazione giapponese delle imprese) presenterà specifiche proposte in materia, incoraggiando il dibattito tra management e lavoratori in ciascuna azienda. Le decisioni riguardo all’aumento delle retribuzioni saranno lasciate alle singole società, ma la Keidanren chiederà loro di adottare un approccio lungimirante all’innalzamento dei salari per sostenere un ciclo economico virtuoso e il rafforzamento dell’attività dei consumatori.

 

LA CRESCITA DELLA FORZA LAVORO SOSTERRÀ IL PIL

Il Giappone sta registrando il periodo più lungo di crescita della forza lavoro dalla fine degli anni Novanta e il mercato dell’occupazione continua a contrarsi. Il rapporto tra posizioni disponibili e richieste di lavoro indica che per ogni persona in cerca di un’occupazione ci sono 1,6 posti vacanti: il mercato del lavoro non era mai stato così rigido. Uno dei principali successi dell’Abenomics è l’aumento della partecipazione femminile al mondo del lavoro con l’obiettivo di innalzare il reddito delle famiglie. Le diverse iniziative del governo stanno iniziando a portare i frutti sperati: circa 1,5 milioni di donne giapponesi si sono aggiunte alle forze di lavoro negli ultimi quattro anni e il tasso di partecipazione femminile (15-64 anni) è salito al 68%, ossia di 8 punti percentuali negli ultimi quindici anni, colmando il divario con gli Stati Uniti (secondo i dati OCSE). Inoltre, è andato crescendo anche il numero di lavoratori stranieri, che nel 2016 ha raggiunto per la prima volta quota un milione. Il dato interessante, a nostro avviso, è il costante aumento del numero di residenti stranieri. È vero che, stando al Primo ministro Abe, il governo giapponese è contrario a politiche radicali sull’immigrazione e questo tema rimane controverso nella società giapponese fortemente omogenea. Tuttavia, un fenomeno migratorio verso il Giappone sembra essere furtivamente in atto, trainato dalla necessità di incrementare la forza lavoro. La percentuale di immigrati rispetto alla popolazione complessiva è ancora di gran lunga inferiore a quella di altri paesi, ma il suo trend rialzista sostenuto ci riporta alla mente antecedenti storici: la “Convenzione di Kanagawa” del 1854, un trattato fra Stati Uniti e Giappone, obbligò quest’ultimo a interrompere l’isolamento del paese che durava dal 1616.

 

GLI SGRAVI FISCALI STIMOLERANNO IL PIL E GLI UTILI SOCIETARI

Da quando si è insediata l’amministrazione Abe, il governo è andato riducendo l’aliquota effettiva dell’imposta sulle società per rendere il Giappone un mercato più attraente per le aziende. In totale, l’aliquota effettiva dell’imposta sulle società in Giappone è scesa dal 37% del 2012 al 29,74% che entrerà in vigore ad aprile 2018. Inoltre, il Giappone ha approvato nuove misure fiscali che prevedono un ulteriore taglio delle imposte sulle società al 25% per le aziende che innalzano i salari del 3% e fino al 20% per quelle che investono in nuove tecnologie. Il governo giapponese sta vagliando altresì l’idea di ridurre le imposte sulle immobilizzazioni per aiutare le piccole e medie imprese ad aumentare la produttività. A nostro avviso, questi ulteriori sgravi fiscali dovrebbero portare beneficio all’economia e al settore societario, poiché contribuiranno a migliorare la competitività e la produttività. Riteniamo che questi alleggerimenti del carico tributario dovrebbero per il momento contribuire a mantenere viva la fiducia delle imprese giapponesi, che è già prossima ai livelli più alti dalla fine degli anni Ottanta.

 

RIVEDERE LA POLITICA DI CONTROLLO SULLA CURVA DEI RENDIMENTI, MA SENZA INASPRIRE LA POLITICA MONETARIA

Dato il contesto macroeconomico favorevole, si sta facendo strada l’idea che la BoJ potrebbe contemplare un cambiamento della sua politica. A nostro parere, è probabile che la BoJ cambierà il target della sua politica di controllo sulla curva dei rendimenti, consentendo un irripidimento per i titoli di Stato giapponesi se la crescita rimane solida e l’inflazione è sostenuta.

In occasione di un discorso tenuto in Svizzera lo scorso novembre il governatore della BoJ, Haruhiko Kuroda, ha dichiarato che la maggior parte dei finanziamenti a famiglie e aziende si basano sui tassi d’interesse a breve e medio termine, mentre è probabile che i tassi a lungo termine saranno più rilevanti per le funzioni dell’infrastruttura finanziaria della società, come assicurazioni e pensioni. Ha citato esplicitamente il “tasso di inversione”. Studi accademici3 suggeriscono che la situazione potrebbe arrivare a un punto in cui ulteriori flessioni dei tassi d’interesse sarebbero probabilmente più un male che un bene per l’economia. Nessuno sa quale sia tale livello ma, stando alla citazione fatta dal governatore, la BoJ potrebbe essere propensa a ritenere che tassi a breve termine ridotti siano più efficaci nello stimolare l’economia rispetto a tassi di lungo termine ridotti. Difatti, dopo anni di ingenti acquisti di asset, i dati della BoJ indicano che gli attivi totali presenti nel suo bilancio si sono lievemente contratti da fine novembre a dicembre 2017, registrando il primo calo mensile dall’inizio del QQE (Quantitative Qualitative Easing) nell’ambito dell’Abenomics. Questa variazione contribuirà all’irripidimento della curva dei rendimenti sui titoli di Stato giapponesi, con ricadute positive per le banche, le compagnie assicurative e i fondi pensione del paese.

La probabilità di un ritocco alla politica di controllo sulla curva dei rendimenti sta crescendo. Dovremmo tuttavia tenere a mente che cambiare il target e consentire un irripidimento del tratto a lunga scadenza della curva non equivale a inasprire la politica monetaria. Anche se il Giappone sembra essersi lasciato la deflazione alle spalle, riteniamo che la BoJ continuerà ad attuare un approccio fortemente espansivo per sostenere i positivi sviluppi dell’inflazione. La persistenza della politica monetaria accomodante dovrebbe favorire i mercati azionari e contribuire a mantenere viva la fiducia delle imprese giapponesi, che è prossima ai livelli più alti dalla fine degli anni Ottanta.

Come discusso nel precedente contributo,4 le riforme della corporate governance stanno cominciando a cambiare la mentalità delle aziende giapponesi che diventano più favorevoli agli azionisti, aumentando la redditività del capitale proprio e remunerando gli azionisti con la liquidità in eccesso. Il miglioramento della corporate governance in Giappone è un iter ancora in corso, ma le società stanno già compiendo evidenti progressi.

Le azioni giapponesi sono scambiate a valutazioni ragionevoli, con quotazioni pari a circa 15 volte gli utili attesi e 1,4 volte il valore contabile (rispetto a 18x e 3x dell’indice S&P 500 negli Le azioni giapponesi sono scambiate a valutazioni ragionevoli, con quotazioni pari a circa 15 volte gli utili attesi e 1,4 volte il valore contabile (rispetto a 18x e 3x dell’indice S&P 500 negli Stati Uniti). Dato che gli utili societari continuano a crescere, sostenuti da un solido contesto macroeconomico e da attività innovative delle società giapponesi, restiamo convinti che i rendimenti azionari si manterranno ragionevoli nei prossimi anni.

 

A cura di Daisuke Nomoto, responsabile azioni giapponesi di Columbia Threadneedle

12/03/2018 | Categorie: Economia e Dintorni , Investimenti Firma: Redazione