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Cct e Btp, analisi del trend e opportunità di entrata

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Nel mondo dei titoli governativi, tra Btp e Cct cosa conviene fare? I suggerimenti di Marzotto sim alla luce delle dinamiche di formazione del nuovo governo italiano

A partire da inizio anno abbiamo assistito a un progressivo, crescente interesse verso i floater governativi italiani: le ragioni della performance positiva dei Cct possono essere ricercate nel parziale aumento dell’avversione al rischio, nel timore, sempre latente, degli effetti della fine del Qe e nella conseguente ricerca di protezione dal rischio di tasso offerta dal comparto, in quanto titoli a tasso variabile (o indicizzati ai tassi monetari).

Specularmente alla performance positiva dei Cct abbiamo assistito a un indebolimento dei governativi a tasso fisso (Btp), il cui rendimento è passato nel periodo dicembre 2017 – marzo 2018 da un minimo di 1,63% a un massimo di 2,06%, per assestarsi all’attuale livello dell’1,81%.

Dato lo scenario descritto cosa conviene fare ora?
Per quanto riguarda i Btp, riteniamo che attualmente un livello di rendimento congruo possa essere individuato intorno al 2%, pertanto gli attuali livelli sono più di “graduale” alleggerimento (area 1,80%, quindi 1,72-70% e infine 1,65-63%) che di acquisto, per rientrare su livelli più vicini ad area 1,95-2%, ma solo con un’ottica di breve termine.
In riferimento alla situazione politica italiana, valutando l’impatto in termini di percezione del rischio Paese (spread), potremmo assistere a effetti negativi solo in caso di scenari estremi, ovvero nel caso di un governo “ultra populista” che potrebbe rallentare il processo di riforme avviato dai precedenti governi, spingendo il rendimento del decennale italiano ben oltre il livello del 2%. Riteniamo comunque che nel corso del secondo semestre dell’anno, possa accentuarsi la volatilità del reddito fisso europeo, parallelamente all’aumento dell’incertezza legata al termine delle politiche ultra-espansive della Bce.

In riferimento ai Cct è evidente che la natura di titoli a tasso variabile con duration convenzionale di 6 mesi, i timori latenti di fine del Qe e l’aumento della incertezza politica li abbiano favoriti portandoli ai massimi di dicembre 2017.

Riteniamo che il comparto dei titoli a tasso variabile possa pertanto continuare a performare positivamente, anche se a breve potrà subite qualche pressione per l’attesa emissione del nuovo Cct settembre 2025 (come da programma trimestrale del Tesoro), che potrebbe indurre a riposizionamenti con vendite sulla fascia 2024-2025, alla ricerca di maggiore rendimento atteso.

Proprio la struttura dei tassi a termine con cui viene calcolato il rendimento atteso dei Cct, in uno scenario di progressivo di rialzo dei tassi a partire dal 2019 (qualora più accentuato del previsto), potrebbe rendere maggiormente vantaggiosi i Cct a più lunga scadenza.

Pertanto, riteniamo che qualora ci dovessero essere delle correzioni relative alle dinamiche di formazione del nuovo governo italiano, si potrebbero creare delle interessanti opportunità di entrata nel segmento dei Cct, che in genere è di fatto più sensibile a questi tipo di eventi rispetto ai Btp.

 A cura dell’ufficio studi Marzotto Sim

18/04/2018 | Categorie: Investimenti Firma: Redazione