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Brexit, it’s the final countdown

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Possibili scenari a un anno dal via ufficiale alla Brexit. Cosa succederà sui mercati? La view di  Hermes IM

A un anno dal via ufficiale alla Brexit, Saker Nusseibeh, chief executive di Hermes IM, discute sui possibili scenari di questo conto alla rovescia finale.

Riguardo alla Brexit si è discusso molto dal punto di vista emotivo, ma poco rispetto ai fatti o alla logica. Il risultato è che la discussione è degenerata in uno scambio infantile di slogan, senza però alcuna riflessione reale sugli effetti che la Brexit avrà sull’economia reale e sul paese. Per questo è essenziale restringere l’analisi a due fatti:

Fatto n. 1: il 51,89 per cento di coloro che ha deciso di andare al voto si è espresso a favore di un concetto non ben definito di Brexit. Essendo stata l’affluenza alle urne pari al 72,21%, ciò vuol dire che il 37,47% dell’intero elettorato ha votato in favore dell’uscita dall’Unione Europea. Considerati il sistema elettorale inglese e l’elevato tasso di partecipazione, nonchè l’impegno ideologico del partito conservatore in favore di un’uscita dall’Unione Europea (metaforicamente parlando), la Brexit è inevitabile.

Fatto n. 2: nel 2016 il 43% delle esportazioni UK sono state dirette verso l’Europa. Un ulteriore 12% degli scambi, invece, è avvenuto con paesi al di fuori dell’Unione Europea, anche se nell’ambito degli accordi commerciali dell’UE.

L’uscita dall’Unione non potrà avvenire senza attriti. Se ipotizzassimo che le conseguenze di questi alla fine dei negoziati fossero minime, è possibile supporre che si potrebbe verificare una riduzione del 10% delle esportazioni Uk verso l’Europa. Se, inoltre, ipotizzassimo che anche gli scambi con i paesi terzi potrebbero subire una diminuzione minima del 10% nella fase delle rinegoziazioni, allora le esportazioni Uk verso l’Europa subirebbero una contrazione del 4,3%, mentre quelle verso altri paesi dell’1,2%.

Per compensare queste eventuali riduzioni, occorrerebbe che le esportazioni Uk verso paesi non-Europei aumentassero del 12% al fine di riportare l’economia nella posizione di equilibrio che si aveva prima della Brexit.

Per l’Unione Europea, invece, i fatti sono questi:
a) il 16% delle esportazioni è verso gli Uk;
b) nel caso di un’incidenza degli attriti pari al 10%, le esportazioni verso il Regno Unito diminuirebbero dell’1,6%;
c) affinché l’Ue possa tornare al livello di equilibrio ante-Brexit, le esportazioni verso altri paesi dovrebbero quindi aumentare solo del 2%.

Alla luce di ciò, l’Unione Europea è molto meno preoccupata riguardo agli effetti economici dell’uscita del Regno Unito e potrebbe pertanto non avere nessun controindicazione nell’adottare una posizione dura durante i negoziati. Il Regno Unito, invece, dovrebbe scegliere tra minimizzare i costi derivanti dagli attriti al 10% (come ipotizzato sopra), che implica una soft Brexit, con un impatto sulla crescita del Pil gestibile, o scegliere di perseguire una linea più dura che potrebbe condurre a un maggiore attrito e quindi a un impatto economico molto più duro.

Affinché l’effetto economico di una soft Brexit sull’Ue sia pari a quello sul Regno Unito (attrito del 10% in un anno), le esportazioni dall’Ue verso il Regno Unito dovrebbero diminuire del 33%. Questo declino, tuttavia, si verificherebbe in uno scenario in cui le esportazioni del Regno Unito risultano in diminuzione del 15%. (33%x 43+1.2%) A questo punto avremmo una hard Brexit.

La combinazione di questi due fatti pertanto ci porta a concludere che:
a) la Brexit è inevitabile;
b) la soft Brexit è sicuramente il risultato più auspicabile, anche se una hard Brexit (che impatterebbe seriamente sul Regno Unito) avrebbe un minore impatto sull’Unione Europea;
c) la posizione delle due controparti è, di fatto, asimmetrica

22/03/2018 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Redazione