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Adeguatezza e appropriatezza: i principi generali

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Prima del recepimento della direttiva comunitaria (MIFID), la normativa italiana sulla prestazione dei servizi di investimento era regolata secondo il principio di adeguatezza (c.d suitability rule), ossia prodotti e i servizi di investimento dovevano essere adeguati al profilo finanziario del cliente, e qualora non lo fossero, di tale evenienza, doveva essere informato il cliente, al quale spettava la decisione finale di procedere, nonostante l’inadeguatezza , all’operazione in esame. La MIFID va a sostituire un insieme di principi troppo uniformi e poco modulabili al contesto di riferimento, con una disciplina differenziata in relazione ai servizi e alla tipologia di investitori. La direttiva MIFID prevede che vi sia tra investitori e intermediari una conoscenza reciproca approfondita e uno scambio continuo di informazioni. Infatti gli intermediari dovranno disporre, in funzione della classificazione della clientela e dei servizi prestati, di procedure precise di acquisizioni di informazioni sui clienti e questi ultimi di aver compreso con esattezza la collocazione dei propri investimenti. Gli intermediari per comprendere e verificare l’adeguatezza o l’appropriatezza degli strumenti e dei servizi, dovranno sottoporre i propri clienti a due diverse “valutazioni”. Tra le regole generali di condotta degli intermediari, previste dalla direttiva MIFID, trovano applicazione, al momento della prestazione dei servizi di investimento, norme che comportano, a seconda della modularità dei servizi, l’obbligo di “valutazione di adeguatezza” o “valutazione di appropriatezza” o “nessun obbligo di valutazione”. Le procedure di valutazione, ossia di adeguatezza e di appropriatezza, hanno diverse funzioni e caratteristiche ed un ambito di applicazione diverso per quanto riguarda sia i servizi di investimento, sia la categoria di investitori ai quali detti servizi sono offerti. Da ciò discende che la verifica volta a determinare l’adeguatezza e l’appropriatezza comporta una differenziazione di tutela del cliente in relazione sia ai servizi ai quali si riferisce sia alla categoria dei clienti a cui tali servizi sono offerti.

I requisiti di adeguatezza e appropriatezza indicati dalla MIFID rappresentano una parte delle regole di condotta relative all’obbligo da parte degli intermediari di agire in modo onesto, equo e professionale per servire al meglio gli interessi del cliente. Ne consegue che quando l’intermediario effettua servizi ad alto valore aggiunto come la consulenza in materia di investimenti o la gestione di portafoglio, il livello di approfondimento di conoscenza del cliente deve essere superiore rispetto agli altri servizi. Infatti l’intermediario deve disporre e ottenere delle informazioni necessarie in merito alle conoscenze e esperienze del cliente o potenziale cliente in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio, alla situazione finanziaria e agli obiettivi di investimento, per essere in grado di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale. Per tali servizi è previsto il massimo grado di tutela dell’investitore ossia il questionario di adeguatezza. In questo caso le regole imposte all’intermediario sono molto rigide e ferree e nel caso in cui l’intermediario non ottiene dal cliente le informazioni richieste, non può effettuare il servizio. Da ciò discende che l’intermediario non può svolgere attività di consulenza e di gestione senza una previa specifica e approfondita conoscenza del cliente, e questo sembra assolutamente condivisibile e pertinente in quanto l’intermediario che presta l’attività di consulenza e di gestione, deve essere responsabilizzata nel momento in cui approfondisce la conoscenza del suo cliente, ma pone raccomandazioni erronee. L’impresa di investimento, se ritiene che il cliente non abbia fornito in maniera completa le informazioni oppure non le abbia proprio date, è tenuta, al fine di non essere responsabilizzata, non dare luogo ai servizi di investimento. Invece l’obbligo per l’intermediario di effettuare la “valutazione di appropriatezza” è relativo ai servizi di investimento diversi dalla consulenza in materia di investimenti o gestione del portafoglio (servizi di negoziazione per conto proprio, di esecuzione di ordini per conto dei clienti, ricezione e trasmissione ordini, assunzione a fermo di strumenti finanziari e/o collocamento di strumenti finanziari sulla base di un impegno irrevocabile, collocamento di strumenti finanziari senza impegno irrevocabile).

In questo caso si ritiene che il contenuto del servizio sia di carattere “secondario” in quanto non è l’intermediario a proporre uno strumento finanziario ma è lo stesso cliente ad indicare le operazioni da svolgere. Mentre non sussiste nessun obbligo per l’intermediario di effettuare una “valutazione di adeguatezza” o di “valutazione di appriopriatezza” quando presta servizi di investimento che consistono unicamente nell’esecuzione e/o nella ricezione e trasmissione di ordini del cliente (c.d execution only). I suddetti servizi sono connessi a particolari tipologie di strumenti cosiddetti non complessi (gli strumenti derivati sono sostanzialmente complessi), il servizio è prestato su iniziativa del cliente o potenziale cliente, ed è stato chiaramente informato della minore tutela che il regime di execution only implica. Riassumendo, quanto detto sopra, quando l’impresa di investimento presta un servizio di consulenza in materia di investimenti e di gestione del portafoglio e non ottiene le informazioni richieste al cliente o al potenziale cliente, non può raccomandare i suddetti servizi. Mentre se presta servizi di investimento diversi dalla consulenza in materia di investimenti e di gestione del portafoglio, qualora il cliente scelga di non fornire le informazioni richieste dalla impresa di investimento, ovvero, qualora tali informazioni siano insufficienti, l’impresa di investimento avverte il cliente che la sua decisione impedirà di determinare se il servizio o prodotto sia “appropriato” a lui senza impedire, tuttavia, all’impresa di investimento di fornire la prestazione del servizio. Mentre se l’impresa di investimento fornisce servizi di investimento di ricezione e trasmissione di ordini del cliente (only execution), nel rispetto delle condizioni evidenziate, può effettuare la prestazione del servizio senza necessità di acuire nessuna informazione dal cliente. Inoltre per quanto concerne la tutela per le categoria di investitori, la direttiva MIFID prescrive una diversità di trattamento nei confronti degli investitori definiti professionali, ossia quando l’impresa di investimento fornisce un servizio di investimento ad un cliente professionale ha diritto di presumere che, per quanto riguarda i prodotti, le operazioni e i servizi per i quali tale cliente è classificato nella categoria dei clienti professionali, egli abbia il livello necessario di esperienze e di conoscenze per comprendere i rischi inerenti all’operazione o alla gestione del suo portafoglio. Inoltre quando tale servizio di investimento consiste nella prestazione di consulenza in materia di investimenti ad un cliente professionale, l’impresa di investimento ha il diritto di presumere che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio di investimento connesso compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento. Per valutare se un servizio di investimento sia appropriato per un cliente professionale, le imprese di investimento hanno il diritto di presumere che tale cliente abbia il livello di esperienze e conoscenze necessarie per comprendere i rischi connessi a quei determinati servizi di investimento od operazioni o a quei tipi di operazioni o prodotti per i quali il cliente è classificato come cliente professionale.

22/01/2008 | Categorie: Consulenza Finanziaria , Finanza personale Firma: Redazione